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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2011 alle ore 09:21.

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L'arte del duo pianistico nel jazz, da Corea a MehldauL'arte del duo pianistico nel jazz, da Corea a Mehldau

Quella del duo pianistico è un'arte difficile e rischiosa, più praticata nella classica (come dimostrano le due celebri e mediatiche sorelle Katia e Marielle Labèque) che nel jazz. Tuttavia anche nella storia della musica improvvisata gli esempi illustri non mancano. Memorabili e raffinatissimi gli incontri tra Duke Ellington e Billy Strayhorn nel 1950 (l'album era Great Times!). Mentre quelli tra Herbie Hancock e Chick Corea (nel disco An Evening with…, 1978) si fanno apprezzare per l'alto tasso di virtuosismo.

Una notte a Orvieto

Oggi è di nuovo il settantenne Corea a sperimentare questa formula, incrociando il suo piano con quello del ben più giovane Stefano Bollani (39 anni). La differenza anagrafica non è un ostacolo alla riuscita del progetto, nato su alcune live performance e concretizzatosi in un cd per l'Ecm, Orvieto. L'album raccoglie il meglio dei concerti tenuti nell'edizione 2010 di Umbria Jazz Winter. In tutto un'ora e un quarto di dialoghi strumentali con molti passaggi notevoli. Essendo un habitué dei duetti (ne ha realizzati di classici con Friedrich Gulda e Nicolas Economou e di jazzati con Gonzalo Rubalcaba e Hiromi), Corea dà lezioni di intelligenza, esibendo un fraseggio brillante e conciso. Dal canto suo, l'esuberante Bollani ci mette fantasia, estro e imprevedibilità. Tra i momenti più felici, le riprese del grande repertorio carioca di Jobim e Chico Buarque (Retrato em branco e preto) e la rilettura di Armando's Rumba di Corea. Il quale ha commentato: «Per due pianisti, improvvisare insieme è una grande sfida e queste performance con Stefano sono state molto divertenti e ispirate. Abbiamo lavorato con assoluta libertà, anche perché non avevamo niente di preordinato».

Minimal-jazz, tra scrittura e improvvisazione

Da presupposti diversi si è sviluppata la collaborazione a quattro mani tra due jazzisti di formazione colta come Brad Mehldau e Kevin Hays. Concepito e prodotto dal compositore statunitense Patrick Zimmerli, Modern Music (su cd Nonesuch) è un esperimento di Third Stream in chiave attuale, un incontro tra musica contemporanea e improvvisazione. Il tutto fila via che è un piacere. Buoni sia i brani di Zimmerli, sia quelli scritti dai due pianisti e la cover di Lonely Woman di Ornette Coleman.

Tuttavia i pezzi più insoliti e originali sono gli estratti dalla notissima Music for 18 Musicians di Steve Reich e dallo String Quartet No. 5 di Philip Glass. Un inedito connubio tra jazz e minimalismo che esalta il tocco romantico di Mehldau, vero mattatore della situazione.

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