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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2011 alle ore 08:15.

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Nella foto una collisione fra protoni all'Lhc di Ginevra, che potrebbe contenere una particella di Higgs. Questa collisione è stata registrata il 25 maggio 2011Nella foto una collisione fra protoni all'Lhc di Ginevra, che potrebbe contenere una particella di Higgs. Questa collisione è stata registrata il 25 maggio 2011

L'anno scorso si diceva che sarebbe stato entro tre anni. Ma ad aprile già si mormorava di un anno solo. A Pasqua qualcuno ha fatto filtrare notizie riservate: sembrava ci fossimo, poi smentite. A settembre qualcuno diceva entro fine anno, ma la macchina è stata spenta il 30 ottobre. Però è stato annunciato un meeting pubblico fra una settimana: che ci siano già risultati...? Il livello di fibrillazione cresce ogni giorno: la grande macchina di Ginevra, che i fisici hanno impiegato anni a costruire, sta chiudendo il cerchio intorno al suo primo e principale obiettivo: capire se esiste o non esiste una certa particella, chiamata la particella di Higgs, o come dicono i fisici, l'Higgs. Sperimentali e teorici del mondo intero aspettano la risposta, o almeno i primi indizi di risposta, con il fiato sospeso. Ma cos'è la particella di Higgs? Che importanza ha sapere se esiste o non esiste?

Cominciamo con l'eliminare qualche esagerazione. I giornali l'hanno chiamata la «particella di Dio». L'espressione «particella di Dio» viene dal titolo di un libro di divulgazione dell'americano Leon Lederman, ma il titolo che Lederman voleva era The goddam particle, letteralmente «La particella che Dio mi danni», espressione idiomatica inglese di esasperazione: piuttosto «La particella esasperante». L'editore del libro ha tolto «dam» e lasciato «god», Dio. Ma lo stesso Peter Higgs, l'ottantaduenne fisico inglese che insieme ad altri ipotizzò l'esistenza della particella nel 1964, trova imbarazzante l'espressione particella di Dio: «Io non sono un credente – dice – ma questo è un cattivo uso delle parole che può offendere qualcuno». Lasciamo dunque stare Dio.
Di per sé, in effetti, la particella di Higgs non è più degna di nota delle altre particelle di cui è fatto il mondo; anzi, qualcuno la giudica addirittura la più bruttina. È sfuggente, poco convincente. Non l'abbiamo ancora vista, mentre abbiamo visto tutto il resto. Esistono motivi per pensare che esista, ma anche motivi per avere dubbi.

Il motivo per il quale ci aspettiamo che la particella esista è il seguente. Oggi siamo in un periodo molto speciale nella storia della fisica fondamentale, diverso, per esempio, di quando io studiavo all'università, trent'anni fa. Allora gli esperimenti di fisica subatomica avevano generato una montagna di dati incomprensibili. Non c'era una teoria capace di spiegare quello che vedevano. Oggi invece abbiamo teorie "fondamentali" che descrivono tutti gli aspetti del mondo in modo spettacolarmente efficace. Una è la relatività generale di Einstein, che qui non ci interessa, perché riguarda la gravità che non ha praticamente effetto sulle particelle osservate al Cern: la gravità riguarda l'Universo in grande, oppure scale estremamente più piccole di quelle osservate al Cern. L'altra è una potentissima teoria che spiega tutto il resto, incorpora l'elettromagnetismo, la teoria di Fermi e le altre teorie sulle particelle elementari. Questa potentissima teoria ha un nome deprimente, il «Modello standard», e spesso non gode di buona stampa, perché è più intricata e meno "elegante" che non le stupende teorie di Einstein, Maxwell o Newton. Eppure è una teoria che da trent'anni non fa che stupirci per quanto funziona bene.

Ricordo quando Carlo Rubbia, il grande fisico sperimentale italiano, venne a Bologna a parlare a noi studenti delle prime belle conferme di questa teoria, che poi gli valsero il premio Nobel. Rubbia ci parlò delle misure che confermavano i primi pezzi del Modello standard, ma anche di prime apparenti indicazioni di discrepanze fra teoria e misure. Da allora, per trent'anni, non si è fatto che parlare di possibili discrepanze fra Modello standard e misure, a una misura più precisa le discrepanze sono tutte svanite: il Modello standard, alla fine, è risultato sempre esatto. Una dopo l'altra, le predizioni del Modello standard sono state confermate. E le particelle predette dal Modello standard regolarmente trovate. Insomma un trionfo dopo l'altro.
L'ultima particella della lista, la sola che manchi all'appello, è la particella di Higgs. Dunque, ci aspetteremmo di trovarla. L'incertezza dovrebbe essere solo la normale trepidazione dell'attesa per un'ulteriore conferma di una bella teoria... Ma in realtà le cose sono più complicate di così, e l'incertezza è più sostanziale.

Ci sono infatti anche dei motivi per aspettarci che la particella non esista. Tutte le altre particelle del Modello standard sono o «fermioni» (dal nome di Enrico Fermi), cioè particelle simili agli elettroni, che ora conosciamo bene, oppure «bosoni vettori», cioè particelle simili ai fotoni, i «quanti di luce», che pure conosciamo bene, e sono la ragione delle forze elettromagnetiche. Ma la «particella di Higgs», non è né di un tipo né dell'altro. È un oggetto strano, di un tipo nuovo, che tecnicamente si chiama un «bosone scalare». Perché una particella di tipo nuovo è stata aggiunta al Modello standard? Per far tornare le cose. La vecchia teoria di Fermi non funzionava, una possibile alternativa sembrava funzionare bene, ma prediceva una forza in più che non esiste; l'introduzione della particella di Higgs ha il risultato che questa particella "si mangia" la forza in più, riducendola a una forza a corto raggio. Inoltre un problema del Modello standard senza Higgs è che predice che i fermioni si muovano alla velocità della luce: la particella di Higgs interagirebbe con i fermioni, rallentandoli, in modo tale che questi si muovano a velocità più bassa, così come li vediamo effettivamente fare (tecnicamente si dice «la particella di Higgs dà la massa ai fermioni»). Insomma, la particella di Higgs è uno strano oggetto un po' ibrido, che non è fatto né come gli elettroni né come i fotoni, che serve per fare funzionare gli ingranaggi teorici del Modello standard, ma in maniera piuttosto intricata e non proprio elegantissima.

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