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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2011 alle ore 09:37.

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Yashima Gakutei (1786?-1868), Donna con una pagina di una poesiaYashima Gakutei (1786?-1868), Donna con una pagina di una poesia

"Le tracce del pennello per la scrittura durano per migliaia di anni" recita un motivo ricorrente della poesia giapponese. Immagini e simboli quelli offerti dalla poesia fermati come d'incanto nei Surimono giapponesi in mostra da Casabella Laboratorio fino al 20 dicembre 2011: primo fra tutti il densissimo "Poetessa intenta alla scrittura" di Yahima Gakuti (1825). Una forma espressiva quella dei Surimono che riassume il meglio dell'arte della stampa giapponese, quale evoluzione più ricercata dell'Egoyomi (calendari stampati).

"Oggetto dipinto" è la traduzione essenziale e minimal del termine, in grado di riassumere in sé un intero mondo raffinatissimo, fatto di specchi e giochi di rimando tra parole e raffigurazioni, così da trovare proprio nell'arte poetica il terreno e la committenza ideale. D'obbligo dunque che queste stampe scaturissero proprio dalla collaborazione fra artisti e poeti, che spesso in gruppo e durante occasioni particolari le commissionavano quali doni in grado di illustrare al meglio la loro vena. Il gioco di tigri, tra gli esempi più alti fra i settantacinque Surimono della collezione Wright esposti a Casabella Laboratorio, si richiama proprio all'elemento della ricorrenza d'anno, narrandone in maniera sublime l'istante d'avvio. Attimi, percorsi d'ogni giorno, visioni quotidiane in grado di rappresentare suggestioni, echi lontani e mitologie, scandagliando nel profondo i moti anche più intimi della vita. I pennelli e la cerimonia del the, nel tocco preciso e leggero di questi artisti, Katsushika Hokusai prima di tutti, fissano in maniera netta e studiatamente semplice, la filosofia e i riti di un quotidiano profondamente umano, nel senso più alto del termine.

Se l''interesse che Frank Lloyd Wright nutrì per tutta la vita per l'arte giapponese è testimoniato dai numerosi viaggi e acquisizioni che il grande architetto fece in un Giappone per molti versi così affine alla sua stessa cifra, la sua attività di collezionista di Surimono è emersa per caso soltanto una ventina di anni fa, ben dopo la sua morte (1959), quando dagli archivi della Frank Lloyd Wright Foundation di Scottsdale (AZ) è emersa una scatola di legno sino ad allora ignorata contenente più di settecento stampe giapponesi, cinquecento circa della quali classificabili come Surimono.

"Non vi ho mai confidato sino a che punto le stampe giapponesi sono state per me fonte di ispirazione. Non mi sono mai liberato dall'effetto prodotto dalla prima impressione che mi procurarono e probabilmente non me ne libererò mai. Era l'incedere della grande dottrina della semplificazione, dell'eliminazione di tutto ciò che è insignificante" scriveva il Wright collezionista, con una dichiarazione di poetica che ben si attaglia alla sua opera. Ecco perché questa raccolta, una delle più cospicue esistenti al mondo, nella sapiente selezione effettuata dai curatori, è in grado di illuminare al massimo livello un'arte lontana e di gettare al contempo una nuova, e assai intensa, luce su questa figura predominante nell'architettura del secolo scorso. Una menzione a parte merita poi l'allestimento di Tassinari/Vetta, che come nel miglior stile della casa, sa unire l'essenzialità alla funzionalità: e non era cosa scontata vista le difficoltà di lettura delle opere esposte.

Hokusai, Gakutei, Shinsai... Le stampe giapponesi di Frank Lloyd Wright
Casabella laboratorio, Milano, fino al 20 dicembre 2011.

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