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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2011 alle ore 08:18.

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La scala era ripida, la pietra muffita e scivolosa, la luce incerta. Laggiù, in fondo, s'intuiva l'acqua buia e profonda. Un freddo umido ti entrava nelle ossa. Alla fine della scala, una barchetta ci attendeva. «Ho paura», disse la mia compagna serrandomi il braccio. Quando dal fondo dell'acqua si accesero i riflettori, una nube azzurra c'invase. Eravamo in un immenso edificio a pianta quadrata, altissime volte sostenute da una foresta di snelle colonne: una vera e propria cattedrale sotto la città, invasa da un lago di acqua dolce, fresca, purissima, nella quale nuotavano quiete alcune carpe enormi.
Ricordo così la mia prima visita alla cisterna Basilica, a Istanbul. L'ingresso è a due passi dalla moschea di Santa Sofia. La fece costruire Giustiniano in pieno VI secolo ed era in grado di dissetare l'intera città. È solo uno dei monumenti mozzafiato – chiese bizantine trasformate in moschee, palazzi, acquedotti, mura – che nella metropoli turca ormai da molti decenni non più capitale (Mustafa Kemal Ataturk spostò il governo ad Ankara) ricordano lo splendore dell'antica Costantinopoli, la Nuova Roma.
La città, splendidamente adagiata tra il Bosforo e il braccio di mare detto Corno d'Oro, è ancora oggi d'una bellezza e d'un fascino indescrivibili. Oltre alla meraviglia ch'è il Topkapi, il complesso di palazzi e di giardini che fu residenza dei sultani ottomani tra Quattro e Novecento, gli stessi quartieri moderni con i loro palazzi residenziali sono straordinari al pari degli antichi mercati coperti, chilometri di gallerie che rigurgitano di merci, di cibo, di vita. Ma quasi ad ogni passo, quando mano te lo aspetti, ecco spuntarti davanti una memoria "romana": gli avanzi di un arco trionfale, i resti di una fontana, frammenti di mosaici spesso d'incredibile bellezza. E tutto mischiato alla città nuova, spesso incastonato in edifici magari cadenti. La meraviglia e la commozione cedono così, di tanto in tanto, al dolore cocente per tanta bellezza perduta. Da secoli gli abitanti e gli agenti atmosferici si accaniscono su queste antiche glorie.
Ecco perché l'agile e denso libro di Jonathan Harris, Costantinopoli, va letto cominciando dall'ultimo capitolo, "La Costantinopoli bizantina di oggi". Perché il viaggio in una grande città d'arte e di storia è un'avventura nel tempo oltre che nello spazio, ed è dalla mirabile confusione di un oggi postmoderno che mischia le epoche e ci scodella davanti arcaico e postmoderno insieme che bisogna cominciare. Così, senza perderci l'oggi, senza ignorare la rivoluzione laica e occidentalista di Mustafa Kemal, senza evitare le bellezze dell'età ottomana, partiamo con la preziosa guida dell'autore, bizantinista del Royal Holloway di Londra, per una visita alla Costantinopoli imperiale fondata nel IV secolo e arricchitasi progressivamente – altro che sinistra mitologia della "corruzione bizantina"! – fino alla repentina sciagura dello scellerato saccheggio dei crociati occidentali nel 1204 e l'altro, non meno scellerato, perpetrato dagli ottomani nel 1453.
Dicono che il sultano Mehmed II, entrando nella città conquistata dopo il secondo di quei due orridi episodi, alla vista di tanta bellezza profanata scoppiasse in lacrime. Se non è vera, è ben trovata. Vero è che da allora in poi la vita cittadina si svolse all'insegna del paradosso: le distruzioni continuarono, con le pietre degli antichi palazzi se ne costruirono di nuovi, le chiese scomparvero o furono convertite in moschee: eppure l'antica città, compromessa e rabberciata, sopravvisse, ed è arrivata fino a noi.
Jonathan Harris ci guida sapientemente, nelle sue pagine, in una visita-recupero, che traccia la storia della città raccontando i suoi monumenti e il suo aspetto antico e intrattenendoci su quanto ne rimane e su come bisogna scoprirlo per goderne in modo appropriato.
E ci accorgiamo allora che la città imperiale non è affatto scomparsa: è ancora là, perfino con i suoi teatri, anfiteatri e circo massimo. Ma quella è la città di pietra, di marmo, di mattoni, perfino di mosaici e di bronzo. Non basta. Harris la popola di abitanti raccontandoci la gente: i sacerdoti, i soldati, gli artigiani, gli attoniti visitatori, la malavita. Nelle sue descrizioni, Costantinopoli diventa l'esatto contrario di una Città Morta: è una capitale del passato che continua a vivere nel presente.
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Jonathan Harris, Costantinopoli, il Mulino, Bologna, pagg. 278, € 25,00

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