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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2011 alle ore 08:17.

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L'Europa è un'entità fragile, e non solo perché attraversa una delle più dure crisi economiche della sua storia, lo è soprattutto per la sua gracilità giuridica, riflesso di una costruzione politica ancora incerta, partita da grande premesse ideali ma non ancora approdata a una sovranità piena che significherebbe un diritto unitario forte, ancorato ai diritti e alle libertà individuali. In altre parole, quello jus publicum europaeum, ben descritto da Carl Schmitt nel Nomos della terra, come «diritto interstatale», che delimita «l'ordinamento spaziale della respublica cristiana medievale», non ha avuto quella modernizzazione evolutiva che necessitava come base della costruzione europea. La sovranità la si esercita attraverso il diritto, perché essa costituisce un complesso di ordinamenti politico giuridici che sono posti alla base dell'esercizio di un comando su una popolazione.
La costruzione progressiva di questo percorso fu chiara già nell'uscita dal Medioevo quando autori come l'olandese Huig van Groot (italianizzato Grozio, 1588-1645) proposero una nuova antropologia giuridica, basata sul rispetto della sfera individuale degli uomini, il «proprium di ognuno» che all'epoca significava diritti di libertà e proprietà. Ma è il contemporaneo Hobbes (1588-1679) a definire meglio di altri, attraverso il Leviatano, la nascita dello jus publicum, inteso come rinuncia da parte dei singoli di una parte dei diritti che hanno in natura per costruire l'ordine sociale. L'individuo resta prevalente, perché, spiega Grozio: «Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest'uomo o a questa assemblea di uomini». Schmitt che si interrogherà a lungo sul Leviatano di Hobbes sottolinea il valore dell'individuo e della sua coscienza interiore, viste come riserve di libertà superiori alla sfera pubblica (di recente il Mulino ha ripubblicato Sul Leviatano di Carl Schmitt, pagg. 182, € 18,00).
Lo storico del diritto Paolo Grossi (che nel 2009 il presidente Napolitano ha nominato giudice costituzionale) ben disegna il passaggio storico concettuale che conduce l'Europa da un «contenuto esclusivamente geografico» a un «significato di un complesso di ragioni spirituali e culturali». L'Europa diventa entità culturale con Enea Silvio Piccolomini e con Erasmo da Rotterdam, mentre grazie a Machiavelli si realizza il «disegno di una Europa come terra di libertà politiche avverso un'Asia dominata dal dispotismo». Ma il passaggio più rilevante di questo percorso resta quello della legge, o meglio della costruzione di un diritto pubblico europeo – perché come spiega Grossi – il diritto «appare indissolubilmente legato al potere, al potere supremo, a quello politico, e appare espressione di quel potere».
L'Europa, dal dopoguerra in poi, è riuscita a rimuovere il pericolo di cruente guerre interne ma di fronte alla sfida globale sembra aver arrestato la costruzione di un sistema efficace di regole comuni che poggiano su un diritto unitario. In particolare, sembra aver archiviato l'ideale di un federalismo europeo. Se è innegabile che esista un articolato diritto europeo, che si esplica attraverso le norme dei Trattati e la giurisprudenza della Corte di giustizia, all'interno del quale pure vi sono chiari diritti individuali, va osservato che questo complesso normativo spesso alla prova dei fatti si rivela un freddo corpus burocratico più attento alle forme che alla sostanza. Un complesso di regole molto astratte che generano di frequente un'eurocasta lontana dai diritti di sovranità individuali che dovrebbero essere alla base dell'Umanesimo europeo, così come furono disegnati da Grozio, Hobbes e Machiavelli.
Basti solo pensare, fatto decisivo, che nel passaggio dall'ipotesi di Costituzione europea (sottoscritta in pompa magna a Roma il 24 ottobre 2004 e poi naufragata per i referendum in Francia e Olanda), il primato del diritto comunitario non è più menzionato. I limiti appaiono evidenti soprattutto se ci riferiamo al governo dell'economia, ai rapporti fra la Germania e il resto d'Europa, alla difficoltà a decidere nell'interesse dei cittadini europei. «Un'Europa-Gulliver alle prese con i governi lillipuziani», secondo un'immagine di Giuliano Amato. Eppure, nei secoli passati, la costruzione del diritto comune prende le mosse proprio dalle necessità imposte dall'economia e dall'espansione dei commerci. La stessa esistenza della Banca centrale europea, la cui indipendenza e autonomia sono valori irrinunciabili, dovrebbe essere ancorata a una struttura costituzionale dell'Unione.
La più compiuta definizione di spirito europeo – chiara e non retorica – è probabilmente quella lasciata da Benedetto Croce nei suoi Scritti Politici: «Tra tutte le altre regioni europee esiste una delicata e non bene afferrabile ma potentemente efficace affinità della forma interna dello spirito, come pure del modo di concepire, in certe altezze, rapporti di pensiero e di sentimento, la quale affinità, come la cupola dell'etere, si eleva unitaria sopra le loro differenze nazionali, costituendo così una sfera...». Croce adopera l'espressione «altre regioni», perché esclude in questo scritto la Germania, ritenuta un unicum con sue peculiarità, effetto della battaglia tra Arminio e Varo (nel 9 d.C.) che avrebbe escluso la romanizzazione dei territori tedeschi. Ma in altri scritti, invece, Croce riconosce il valore della cultura tedesca, soprattutto quella filosofica, come base dell'identità europea. Resta da domandarsi quanto sia ancora forte lo spirito europeo, o se le spinte globali abbiano accelerato una sorta di diluizione dell'identità dello jus publicum europaeum. Martin Heidegger dedicò al Nichilismo europeo, un saggio, nato dai testi delle lezioni all'Università di Friburgo. Il punto di partenza è la filosofia di Nietzsche, in particolare il suo richiamo a «ideali» e «norme», «principi» e «regole», espressioni dello spirito europeo occidentale a rischio di naufragio. E Dostoevskij molto più europeo di quanto si possa pensare, pone al centro della sua riflessione l'esperienza della libertà, centro di ogni ordine.

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