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Questo articolo è stato pubblicato il 11 dicembre 2011 alle ore 08:16.

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Nel romanzo La promessa lo scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt racconta la storia di un ispettore di polizia che, ossessionato dall'idea di scoprire il colpevole di un delitto raccapricciante, abbandona tutto e sacrifica la sua intera esistenza per perseguire una sua azzardata teoria e per arrivare alla verità. Allo stesso modo i fisici delle particelle da quasi cinquant'anni inseguono un'ipotesi teorica e costruiscono complesse apparecchiature sperimentali per arrivare alla verità. Qui non si tratta di un delitto, ma di capire come la natura riesce a mascherare una delle simmetrie che regolano il comportamento delle forze fondamentali agenti nel nostro universo. Sto parlando della simmetria elettrodebole, la simmetria che detta legge su moltissimi fenomeni naturali, tra cui i processi di combustione di idrogeno in elio che permettono al sole di brillare e che dunque sono all'origine della vita sulla terra.
Il fatto curioso della simmetria elettrodebole è che essa appare evidente in alcuni fenomeni e sembra assente in altri. La natura ha deciso di mascherare l'esistenza di questa simmetria. È un po' come nel caso del Partenone: visto da lontano sembra perfettamente simmetrico eppure, se lo osserviamo con attenzione, ci accorgiamo che non è così. L'incurvatura parabolica dello stilobate e il rigonfiamento delle colonne nell'entasis servono a correggere l'illusione ottica che ci fa vedere come concave delle rette parallele intersecate da segmenti. Il Partenone ci sembra più simmetrico di quello che è. La forza elettrodebole, invece, è più simmetrica di quel che sembra.
Questa lezione i fisici l'hanno capita da tempo. Hanno anche capito che, per conciliare questa simultanea presenza e apparente assenza di simmetria, deve per forza esistere qualche nuova particella ancora sconosciuta. Proprio come l'ispettore Matthäi del racconto di Dürrenmatt, noi fisici non ci daremo mai pace fino a quando il colpevole sarà smascherato e questa ignota particella sarà scoperta.
Sono state formulate diverse congetture sulla natura della particella (o delle particelle) colpevole (o colpevoli) del curioso mascheramento della simmetria elettrodebole, ma in cima alla lista dei sospettati c'è sicuramente il bosone di Higgs. Ipotizzato nel lontano 1964 da tre gruppi di scienziati che lavoravano indipendentemente, il bosone di Higgs rimane il ricercato numero uno nel mondo delle particelle elementari. Dal carattere enigmatico e sfuggente, fino a oggi è sempre riuscito a scampare alle trappole tese dai fisici per catturarlo. Ma nulla potrà contro l'Lhc, il grande collisore di protoni in funzione al Cern di Ginevra, che sarà presto in grado di pronunciare la sentenza definitiva sull'esistenza dell'ipotetico bosone di Higgs.
La teoria sa determinare perfettamente tutte le proprietà del bosone di Higgs, eccetto una: la sua massa. Dove la teoria non può arrivare, subentrano gli esperimenti. Il bosone di Higgs è stato affannosamente ricercato con l'acceleratore Lep del Cern, con il Tevatron di Fermilab negli Stati Uniti, e tra i dati preliminari dell'Lhc, senza però trovare traccia della sua esistenza. Come avviene per la ricerca di un pericoloso criminale, nella quale si setacciano tutti i luoghi possibili per circoscrivere il suo nascondiglio, così gli esperimenti finora effettuati ci hanno permesso di concludere che l'intervallo più probabile per la massa del bosone di Higgs è tra 114 e 141 GeV. Il GeV è un'unità di misura molto in voga nella fisica delle particelle, ma poco pratica per la vita comune poiché corrisponde a circa un miliardesimo di miliardesimo di milionesimo di grammo.
Il prossimo 13 dicembre al Cern saranno presentati i risultati sulla ricerca del bosone di Higgs basati sui dati raccolti nel 2011 dagli esperimenti dell'Lhc. Qui al Cern gli scienziati aspettano questi risultati con la stessa trepidazione con cui i bambini aspettano il Natale. Ci si attende che la finestra di valori ammissibili per la massa del bosone di Higgs venga ulteriormente ridotta. Forse qualche prima indicazione sull'esistenza di questa particella potrebbe già emergere, ma per il verdetto definitivo bisognerà aspettare che gli esperimenti raccolgano ancora dati. Il 13 dicembre il bosone di Higgs sarà messo alle corde, prima del ko finale previsto per il prossimo anno. Il 2012 sarà l'anno fatale che concluderà l'epopea del bosone di Higgs, durata già quasi mezzo secolo.
Conoscere il valore della massa del bosone di Higgs può sembrare un'oziosa curiosità, un po' come voler sapere l'esatta età di Matusalemme. In realtà quel numero (la massa del bosone di Higgs, non l'età di Matusalemme) può nascondere segreti profondi sul nostro universo. Per esempio alcuni fisici temettero il peggio quando durante l'estate i primi dati dall'LHC fornivano una debole indicazione a favore di una massa del bosone di Higgs di circa 140 GeV. Se confermato, quel risultato avrebbe messo in crisi l'ipotesi che la natura nasconda una stupefacente nuova struttura dello spazio-tempo, a lungo inseguita dalle fantasie dei fisici teorici e chiamata supersimmetria. Altri fisici si entusiasmarono all'annuncio della massa di 140 GeV perché avrebbe dato credito alla possibilità che il nostro universo sia solo una piccolissima parte di una struttura gigantesca, detta multiverso, che include infiniti mondi paralleli. Mi è stato raccontato che, nell'apprendere la notizia, due illustri fautori della teoria del multiverso si sono messi a ballare abbracciati nel corridoio del dipartimento di fisica dell'Università di Stanford. Se si scoprisse invece che la massa del bosone di Higgs è circa 120 GeV, ci sarebbero ragioni per supporre che l'universo attuale si trovi in una situazione instabile, un po' come se vivesse sull'orlo di un burrone. In un futuro lontanissimo l'intero universo potrebbe improvvisamente trasformarsi subendo una gigantesca transizione di fase. Questa prospettiva darebbe a Woody Allen una ragione di più per ricorrere al suo psicanalista.

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