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Questo articolo è stato pubblicato il 18 dicembre 2011 alle ore 08:19.

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Quest'anno non saranno solo gli Schiaccianoci natalizi a incuriosire il pubblico prima e dopo le feste, bensì una Coppelia festosa e adolescenziale. Da quando ha debuttato al Teatro dell'Aquila di Fermo - bel palcoscenico, evidentemente portafortuna – non ha mai smesso di galoppare con il suo carico leggero di giovanissimi e agguerriti interpreti. Sono i diciotto danzatori polivalenti del Balletto di Toscana Junior, diretto da Cristina Bozzolini, tra i quali spiccano debuttanti persino sedicenni! Guidati dal coreografo Fabrizio Monteverde, si sono immersi in una Coppelia senza scene ma con luci ben sagomate, e costumi semplici, che trasudano – in specie gli abitini rossi a campana delle ballerine – un profumo di folklore.
Coppelia, nata nel 1870, pullula di csárdás, mazurke, thèmes slave variees: del folk ungherese e polacco, caro al francese Arthur Saint-Léon, il suo primo coreografo. È soprattutto il regno della spumeggiante musica di Léo Delibes, cui si deve davvero la conservazione di tanta amenità coreutica. Ma nulla è mai come sembra: se questa nuova Coppelia è briosamente riuscita, lo è nello scansare tutti gli speculari ma opposti trabocchetti che il balletto reca con sé: oleografia, ma anche eventuali banalità da sex shop nel rapporto tra uomo e bambola artificiale.
Finta fiaba, Coppelia narra di uno stravagante costruttore di giocattoli e della sua creatura preferita, che piace anche al giovane Franz, promesso sposo a Swanilda. La ragazza si sostituisce alla pupattola meccanica e vince senza seguire lo stregato romanticismo di Der Sandman (L'uomo della sabbia) di E.T.A. Hoffmann, cui il balletto s'ispira, bensì il suo ben più edulcorato libretto. Nelle versioni tradizionali non si omettono mai le arti magiche del giocattolaio che vorrebbe rendere viva la sua Coppelia infondendogli il sangue e l'energia di Franz. In tutto il Novecento europeo, l'unico coreografo riuscito a scampare ai pericoli bozzettistici di questo passaggio del balletto è stato Roland Petit. Nel 1975 creò una Francia formicolante di soldati e damine del Secondo impero, con un Coppélius, "tombeur de femmes" attempato, galante e irresistibile con la sua bambola di pezza agganciata ai piedi per valzer al lume di candela, guanti bianchi, coppe di champagne.
Oggi, però, Fabrizio Monteverde ha scoperto una terza via, deliziosamente "sorvolante" ogni tentativo tradizionale o modernista. Ha imposto l'esaltazione della musica – seguita con scrupolo pur senza ripetere un solo passo del folklore – e dell'adolescenza imbronciata, ruvida, candida, seducente e in cerca di amore. Tutti, all'inizio, si presentano seduti a terra: ciascuno con le proprie bamboline meccaniche che cantano una canzoncina infantile e sono vestite di bianco proprio come la pupattola, forse più caracollante che meccanica, usata da Coppélius per il suo divertimento privato. Ma le bambole smidollate si moltiplicheranno: attraenti, passive, per sfogare un machismo collettivo trattenuto. E tra loro saranno litigiose, ma soprattutto per variare le tonalità del movimento, ad esempio nel bel valzer che si risolve in un ritmico tira e molla: scopri e copri le gonne.
Nel gruppo c'è sempre la coppia clou: Swanilda si sostituirà ancora a Coppelia ma a suon di schiaffi. E c'è Coppélius, un "ragno" nero, snodato, solipsistico, estraneo a tutti, e alla fine persino patetico quando gonfia la sua ennesima bambola, incapace di relazioni che non siano virtuali o egotiste. Certo stupisce che un coreografo sempre attratto dal patologico non abbia fatto di lui una figura più mostruosa: ma scegliendo di evidenziare un candore diffuso, energico e pruriginoso, Monteverde ha vinto una scommessa. Grazie a una danza continua, con equilibri precari, risse, spintoni, abbracci, repulsioni e magnifici duetti, costruiti bocca a bocca, ha tolto la polvere da Coppelia, rendendola quasi astratta, nel trionfo dell'adolescenza e dei suoi interpreti veritieri, così calorosamente dentro la parte di se stessi.
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Coppelia, Balletto di Toscana Junior, oggi Teatro comunale di Vicenza, poi Treviso, Pescia, Ferrara, Pisa, Napoli eccetera, sino a maggio

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