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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2012 alle ore 17:56.

Ancora sugli scudi il pianista Danilo Rea, in questa Umbria Jazz Winter 19 che a conti fatti, e con la riserva di cui si è detto nei giorni scorsi, passa in archivio come una delle migliori della serie. Rea si è impegnato in un altro duo, questa volta con il trombettista torinese Flavio Boltro che non è dato di ascoltare spesso come si vorrebbe. Insieme hanno presentato al pubblico del festival il loro cd "Opera" per Act fresco di stampa. Si capisce subito dal titolo dell'album che, ancora una volta, Rea propone in jazz il suo amore per il melodramma (il cd "Lirico" è del 2004), perfettamente coadiuvato da Boltro. Hanno tratto ispirazione, fra l'altro, dalle note vigorose delle Sinfonie del Barbiere di Siviglia e del Guglielmo Tell di Gioacchino Rossini, da E Lucevan le Stelle da Tosca di Giacomo Puccini e da O mio Babbino Caro ancora di Puccini. Hanno meritato ovazioni da stadio.
Può darsi che a Umbria Jazz Winter spetti la palma della prima manifestazione di jazz che, nel mondo, abbia già celebrato il trentennale della scomparsa del sommo compositore e pianista Thelonious Monk, ucciso da un infarto il 17 febbraio 1982 nell'abitazione che la baronessa Nica Rothschild de Koenigswarter possedeva nel New Jersey, dove Monk si era ritirato nei suoi ultimi anni senza più suonare il pianoforte pur avendone uno a disposizione nella sua stanza, né scrivere un rigo di musica. Nel pomeriggio di Capodanno spetta al trio del pianista inglese Stan Tracey il compito di interpretare per un'ora composizioni monkiane, e subito dopo all'eccellente Lydian Sound Orchestra fondata e diretta da Riccardo Brazzale la rievocazione del famoso concerto tenuto il 28 febbraio 1959 alla Town Hall di New York da Monk alla testa di una formazione di dieci elementi.
Agli spettatori del Teatro Mancinelli, purtroppo un po' decimati dal veglione della notte precedente, viene offerto il raro privilegio di una serie di interpretazioni jazzy "letterali", cioè nel senso classico del termine. Tracey è pianista di grande esperienza che – se vuole e quando vuole – sa suonare mirabilmente alla maniera di Monk. A volte l'illusione è assoluta ed emozionante: sembra che davanti alla tastiera ci sia l'indimenticabile Thelonious. Analoga impresa riesce a Brazzale che presenta la sua orchestra nell'identico organico di quella che Monk diresse alla Town Hall, e le affida lo stesso programma nello stesso ordine: Thelonious, Friday The 13, Monk's Mood, Off Minor, Crepuscule With Nellie, Little Rootie Tootie che ognuno può ascoltare nello storico disco (ma dal vivo è un'altra cosa). Il pubblico invoca un bis e Brazzale concede Epistrophy che alla Town Hall non fu eseguito, però va bene comunque.
Da segnalare ancora l'ultimo concerto in trio del pianista Gonzalo Rubalcaba guarito dall'influenza e quindi all'altezza della sua fama; un bel "Tributo a John Coltrane" tenuto nella chiesa del Carmine (con le immagini di Massimo Achilli) da Pietro Tonolo, Marc Abrams e Mauro Beggio. E infine la chiusura in bellezza di Paolo Fresu con il suo quintetto "classico" (Tino Tracanna sassofoni, Roberto Cipelli pianoforte, Enzo Pietropaoli contrabbasso al posto del titolare Attilio Zanchi ammalato, Ettore Fioravanti batteria: trent'anni insieme se non ho contato male) con la raffinata collaborazione del quartetto d'archi Alborada.
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