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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2012 alle ore 08:15.

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Le direttrici del lavoro di ricerca di Emma Dante sono ormai molteplici, anche se non fanno che comporre una poetica e una visione della scena sfaccettata ma sempre compatta e coerente. L'esempio più evidente proviene da quel territorio della fiaba sul quale l'artista siciliana si muove da un pò di tempo, arrivando, dopo l'animatissima Anastasia, Genoveffa e Cenerentola al più recente Gli alti e bassi di Biancaneve. Si potrebbe dunque leggere questo ultimo spettacolo come un ulteriore tassello di quell'indagine sul femminile che è sempre presente nelle produzioni della regista siciliana, con donne ferine e crudeli, seducenti e tenaci, e sempre sovraccariche di sentimento, come per la sua Carmen lirica, per Medea o per le figure di tante altre creazioni sceniche. Anche in questo caso la sua curiosità sembra voler sondare l'universo dei conflitti fra donne, per di più in una situazione in cui la presenza maschile è lontana, invisibile, ma è determinante per quelle tensioni. Tutto ciò appare chiaro osservando la scena, quasi vuota, con soltanto un siparietto da cui pendono una fila di cravatte multicolori. Del resto, come nel caso della fanciulla dalla scarpina di cristallo, pure in questa storia si scontrano una matrigna e una figliastra mosse da invidie e gelosie intorno al tema della bellezza, col conseguente obiettivo della conquista di un principe, e con un padre-marito che è l'elemento di relazione obbligata tra le due.
Ovviamente lo spettacolo prende una direzione del tutto opposta agli oscuri cunicoli della psicanalisi, seguendo la traccia abituale del lavoro di Emma Dante che è quella di costruire calligrafie sceniche, di montare impalcature verbali e vocali su cui far muovere gli interpreti come articolatissime marionette, lasciando trasparire i significati più profondi attraverso una felice e giocosa giostra di invenzioni. E di tutto questo l'artista è diventata davvero sapiente orchestratrice, dando vita a un caleidoscopio pieno di sorprese, dove si capisce anche che la voglia di raccontare una favola sta proprio nel poter attingere a un mondo magico, allusivo, dove nulla è reale, eppure tutto è plausibile. Non a caso i bambini si divertono un mondo e, chiamati in causa, danno opportuni suggerimenti.
Ma eccola la regina davanti all'attore-specchio che ne replica i gesti rovesciandoli, guadagnando una sua autonomia quando deve rispondere alle domande della "più bella del reame", in uno sdoppiamento davvero minutissimo di movenze, con accordi e disaccordi di sicuro effetto comico e, soprattutto, di grande sapienza ed efficacia figurativa e gestuale. Così i sette nani non appaiono mai tutti insieme e si presentano ognuno definito da nuove peculiarità, come Eolo con le sue flatulenze e l'apprensivo e protettivo Mammolo. Questo perché gli attori sono soltanto tre in una girandola di moltiplicazioni davvero stupefacente, capaci di tessere un ritmo serratissimo e di sostenere tempi vorticosi senza rinunciare mai a un'espressione del volto, alla sfumatura di un gesto, all'intensità di uno sguardo. Sono Italia Carroccio, la matrigna che una volta trasformatasi in vecchia strega perde la memoria e non riesce a ricordare la formula dell'antidoto, Davide Celona, principe esuberante e specchio ribelle in lotta con la sua funzione banalmente riproduttrice, Daniela Macaluso, Biancaneve tenera ma non ingenua, e tutti e tre nei panni dei piccoli e vivaci abitanti del bosco. Formidabili, a dir poco. Scioglimento velocissimo: l'avvelenamento con la mela, il bacio salvifico e uno scatenato e moderno ballo di fidanzamento si succedono in pochi minuti. Vuol dire che è ovvio che vincano l'amore, la passione e l'erotismo, e su questo non c'è bisogno di dilungarsi.
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Gli alti e i bassi di Biancaneve di Emma Dante fino all'8 gennaio al Crt di Milano, dal 17 al 21 all'Archivolto di Genova

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