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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2012 alle ore 08:16.

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Valchirie slavate affondano i tacchi nella sabbia del deserto. Potrebbero con i loro capelli lisci, i nasi squadrati, gli zigomi spigolosi, accendere la rivalità dell'indiavolata congrega di femmine arabe, occhi fascinosi e bistrati contro la coscia lunga delle ballerine dell'Est. E invece, sono il cavallo di Troia di E ora dove andiamo?, nei cinema il prossimo venerdì, l'ultimo film di Nadine Labaki, eclettica attrice libanese, che aveva già firmato come regista Caramel e prima ancora era stata vj di successo nel suo Paese di origine. Il manipolo di valchirie è l'escamotage delle sagge madri di famiglia, stanche di vestire di nero, per distrarre gli uomini di un imprecisato villaggio mediorientale dallo spettro del conflitto tra musulmani e cristiani che ha risucchiato i paesi limitrofi.
Furbo e levantino, alla Train de vie di Radu Mihaileanu, il film ha il pregio di immergersi con ironia e garbo nella scottante questione della guerra interreligiosa, creata ad arte per allontanare i popoli arabi dalla modernizzazione e dall'indipendenza. Mentre gli uomini si lasciano guidare dall'istinto, sono le donne a scambiarsi il velo e la croce in nome di una responsabilità molto più alta, quella della pace.
Scritto, diretto, interpretato da donne è anche The help di Tate Taylor, nelle sale sempre il 20 gennaio, tratto dall'omonimo libro di Kathryn Stockett (Berkley Books), bestseller da dieci milioni di copie, primo in questi giorni nella classifica dei libri del «The New York Times», ripubblicato dopo il grande successo del 2009. In Italia il volume era uscito per i tipi di Mondadori nel 2010 (pagg. 526, €10,50). Ambientato nell'America del Mississipi negli anni Sessanta, racconta una storia inversa, quella della solidarietà femminile spezzata dal razzismo, che affila i suoi artigli contro le migliaia di "Mami" che hanno allevato generazioni di rampolli americani con amore e dedizione, senza mai poter valicare il limite della cucina. A tentare di mettere il naso nella loro vita nera, di pelle e di fatto, è la ventiduenne Skeeter, bianca di buona famiglia, fresca di laurea. Diversamente dalle coetanee, intente a indorare il proprio matrimonio nei crismi della società bene, Skeeter è intenzionata a scrivere un reportage sulla vita di due specialissime colf di colore, senza mancare di mettere tutte in pericolo. In maniera certo diversa, era stata qualche anno fa la scrittrice Louise Rafkin, in un libro inchiesta, a raccontare la vita dei silenziosi "operatori del pulito" in Lo sporco degli altri (Feltrinelli, 2000), libro interessante, la cui pecca è che il titolo è più brillante della narrazione. The help fa pensare alle nostre case in cui crescono spesso bambini curati da straniere con cui ci si amalgama difficilmente. E le cui storie e culture, anche se in forme ben diverse dal film di Taylor, raramente entrano nei nostri salotti, se non per spolverarli.
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