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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2012 alle ore 11:47.
Sul monte della Verna, dove ha ricevuto le stimmate San Francesco, sono salito per la prima volta in pullman a dieci anni, in una settimana di luglio. Partivamo da Spezia, con don Cesare e un gruppo di ragazzi e ragazze della mia età o qualche anno di più dell'Azione cattolica della parrocchia di Cristo Re. Ci sono tornato ogni estate fino al quarto ginnasio, poi lasciammo Spezia e comitiva, ma in realtà da quel monte credo di non essermene mai andato.
Non c'è luglio che non mi torni in mente, il dono della fede me lo hanno regalato i faggi e gli abeti del Casentino, i falò di sera in mezzo al bosco e l'Ave Maria cantata, il silenzio della chiesetta di Santa Maria degli Angeli, la croce di legno e le corse sul piazzale lastricato del quadrante. Ricordo il tumulto adolescenziale di un pomeriggio, una strana inquietudine, una piccola delusione e la voglia di scappare. Mi fermo in una celletta con padre Basilio, mi ascolta e non dice niente, fa solo un cenno con lo sguardo, sorride e mi indica la croce di legno. Quel sorriso entra dentro di me e mi placa all'istante. Sono passati quasi quarant'anni, il suo sorriso non mi ha mai abbandonato.
***
Sabato mattina di maggio, un'altra chiesa di Cristo Re in viale Mazzini a Roma, poco più di tre anni fa. Se ne è andato stroncato da un male incurabile Paolo Giuntella, il più laico dei cattolici che abbia mai incontrato, mia guida personale nei meandri adulti dello spirito ma anche, con il suo vespone bianco, tra i tavoli e le cucine delle osterie romane. Scendendo con il cuore dal monte della Verna mi ritrovo idealmente davanti alla salma di Paolo, molto più di un amico, molto più di un giornalista e di uno scrittore, un incrocio unico di sax, Dossetti e La Pira, e rivedo lì, a due passi, il figlio Tommy che suona la chitarra e canta a squarciagola.
Non sembra di uscire da un funerale, ma da una "festa" piena di commozione e di allegria, con tante autorità e gli amici della comunità congolese, volti, suoni e musiche di tutti i colori. Poco prima, in chiesa, l'altro figlio, Giovanni Osea, racconta il suo ultimo colloquio con il padre e il suo ammonimento: «La vita è tosta, ma bella... ricordati di studiare perché i privilegi ricevuti vanno risarciti». Il sorriso di Paolo è più indisciplinato di quello di padre Basilio, già me lo vedo che fa strani gesti e tuona dall'al di là: «Avevo ragione io, la morte non ha l'ultima parola». E ai coristi, la fede è allegria, ordine secco: meno lagne e più soul.
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