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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2012 alle ore 17:06.

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«The Amazing Spider-Man» di Marc Webb, in uscita a luglio.«The Amazing Spider-Man» di Marc Webb, in uscita a luglio.

Hollywood è ormai sinonimo di remake, prequel e seguiti: la Mecca del cinema americano per combattere la crisi (creativa e non solo) punta sempre di più su prodotti seriali o in qualche modo già popolari. A questo indirizzo appartengono anche i reboot, pellicole che fanno ripartire intere saghe: è il caso di «Star Trek», la cui genesi è narrata nell'omonimo film di J.J.Abrams del 2009, o delle avventure dell'uomo ragno che troveranno un nuovo inizio in «The Amazing Spider-Man» di Marc Webb, in uscita a luglio.

Se in diversi casi i remake rimodellano opere classiche adeguandole al gusto degli spettatori attuali (si pensi, tra i tanti esempi, alle tecnologie moderne per gli effetti speciali del «King Kong» di Peter Jackson, datato 2005), molto spesso il cinema a stelle e strisce opta semplicemente per rifare a Hollywood film non americani di successo a breve distanza dall'uscita dei prodotti originali.

Tale tendenza, chiaro sintomo della carenza d'idee degli Studios d'oltreoceano, si è diffusa soprattutto nell'ultimo decennio e non sembra affatto vicina a esaurirsi. Il prossimo 3 febbraio infatti arriverà nei nostri cinema «Millennium-Uomini che odiano le donne», trasposizione del romanzo di Stieg Larsson (il primo della celebre trilogia «Millennium»), a poco più di due anni di distanza dall'uscita della versione svedese con protagonista Noomi Rapace. Al timone di questo nuovo adattamento c'è David Fincher, regista reduce dal successo di «The Social Network», il cui nome rende ottimisti sul valore aggiunto di questo remake rispetto all'appena discreto lungometraggio originale.

Fincher non è però il primo autore di spicco a dare linfa alla moda del rifacimento: tra gli altri troviamo Martin Scorsese che grazie a «The Departed» del 2006 ha ottenuto quel premio Oscar che nel corso della sua carriera aveva solo annusato, anche se chi ha visto l'originale «Infernal Affairs» del 2002 (prima parte di una trilogia hongkonghese diretta da Andrew Lau e Alan Mak) sa che i meriti del regista americano alla riuscita del prodotto sono quantomeno relativi. Meno fortunati di lui sono stati Christopher Nolan che con «Insomnia» del 2002 (remake di un'omonima pellicola norvegese del 1997) ha firmato il titolo meno convincente e personale della sua carriera, Cameron Crowe con «Vanilla Sky», scialbo rifacimento dell'ottimo «Apri gli occhi» di Alejandro Amenábar, e Jim Sheridan che in «Brothers» ha cercato vanamente di sfruttare la rigorosa sceneggiatura di «Non desiderare la donna d'altri» della danese Susanne Bier.

All'interno del cinema di genere è sicuramente l'horror quello che conta più rifacimenti hollywoodiani: da «The Ring» a «The Grudge», passando per «Dark Water» e «Pulse», si può dire che ogni titolo orrorifico uscito in Giappone negli ultimi quindici anni e conosciuto dal grande pubblico ha avuto un suo, solitamente superfluo, remake americano. Progetti più interessanti e sensati sono stati «Blood Story» di Matt Reeves, rifacimento del fortunato horror svedese «Lasciami entrare» di Tomas Alfredson, e a livello meramente commerciale «Quarantena» di John Erick Dowdle, girato immediatamente dopo l'uscita dell'originale spagnolo «REC» di Jaume Balagueró e Paco Plaza.

Se la moda dei remake americani di film stranieri ha sempre trovato dure opposizioni da parte della critica di tutto il mondo, una menzione a parte merita «Funny Games U.S.» del 2007, auto-rifacimento di Michael Haneke di una sua pellicola del 1997: la curiosità di questo lavoro, la cui (presunta?) importanza è ancora oggi fonte di discussione, è che l'autore austriaco ha riproposto il suo film shot-for-shot, cioè rimettendo in scena le stesse inquadrature dell'opera originale. Che sia un'operazione genialmente postmoderna oppure una semplice provocazione è ancora oggi un punto interrogativo, ma è certo che questa copia-carbone rappresenta il caso di riflessione più stimolante tra tutti i rifacimenti recenti. Il tutto in attesa di scoprire in ottobre la riuscita di un altro attesissimo auto-remake: il «Frankenweenie di Tim Burton, rivisitazione animata stop-motion di un suo mediometraggio di quasi trent'anni fa.

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