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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2012 alle ore 17:12.

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Paolo Graziosi in Primo amore di Samuel BeckettPaolo Graziosi in Primo amore di Samuel Beckett

TORINO. Beckett prima di essere Beckett. O almeno: prima di essere il Beckett che conosciamo. "Primo amore" a teatro non è un testo teatrale, bensì una novella, scritta di getto dall'autore nel 1945 e qui riproposta in modo pressoché integrale sul palcoscenico. Ed è una bella rivelazione, un piccolo gioiello, diretto e interpretato da quell'attore schivo e bravissimo che è Paolo Graziosi.

In realtà, alcuni anni fa, questo stesso spettacolo aveva debuttato al Teatro Franco Parenti di Milano: da allora è tornato in scena a intervalli irregolari. Questa volta è stato voluto da Mario Martone, direttore del Teatro Stabile di Torino e prossimo regista con il quale Graziosi lavorerà: ma la carriera di Paolo è costellata di premi (Eti 2005), incontri con altri registi importanti (Cecchi e Servillo tra i più recenti), drammaturgie mai scontate (dal "Teatrante" di Bernhard ai testi di Elsa Morante).

Nell'allestimento in scena alla Cavallerizza Reale, l'attore-regista lavora sulla novella di Beckett per ellissi, con un meccanismo "a togliere": in scena vediamo solo una sedia girevole. Graziosi si siede, piroetta, si alza. L'azione dello spettacolo è così ridotta ai minimi termini, mera coazione a ripetere di un dandy-clown disadattato, un clochard con bottiglia e ombrellino, un giovane-vecchio che, cacciato di casa dopo la morte del padre, racconta il suo primo amore per una donna di nome Lulù.

Solo in un secondo momento, dopo essersi installato a casa di lei, capirà di essersi innamorato di una prostituta. Il testo di Beckett, inedito per venticinque anni, è un fiume in piena di parole disseminato di improvvise aperture, di immagini dissacranti e becere, di "a parte" che sconvolgono l'aspettativa dello spettatore, lo spiazzano e suggeriscono, accanto alla stranezza delle piccole manie del protagonista, il dubbio dell'inquietudine. "Ma non è un'inquietudine cinica – ci spiega Graziosi -, disillusa, come poi si potrà ritrovare nel successivo grande teatro beckettiano. E' piuttosto una malinconia, un'umanità alla quale non siamo così abituati in Beckett.

Un vissuto forse anche autobiografico". Graziosi è divertente e commuovente, virtuoso della parola detta e al tempo stesso infantile, ingenuo. Interprete perfettamente consapevole che già nell'inizio dell'opera di Beckett è presente, nascosta tra le battute, la sentenza d'impossibilità che ne suggella la fine (in "Worstward Ho"): "fallisci ancora. Fallisci meglio".

Cavallerizza Reale - Maneggio,Fino al 22 gennaio 2012. Primo amore, di Samuel Beckett, traduzione Franco Quadri, interpretato e diretto da Paolo Graziosi, collaborazione alla regia Elisabetta Arosio, ErreTiTeatro30

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