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Questo articolo è stato pubblicato il 22 gennaio 2012 alle ore 08:16.

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Europa terra di viaggiatori. È così da sempre e anche oggi, nonostante la competizione globale, il nostro continente mantiene il suo primato con oltre la metà degli arrivi internazionali. Eppure dal punto di vista turistico... l'Europa non esiste. Sì, perché l'idea di un "viaggio europeo" non ha quasi contenuti, al di là delle coordinate geografiche, e ai viaggiatori si continua a proporre la somma delle attrattive dei diversi Paesi: l'arte italiana, la cucina francese, la cultura tedesca eccetera.
E anche quando gli europei si fanno visita tra di loro – sempre più spesso grazie al l'adozione dell'euro e al trattato di Schengen che hanno permesso di andare dappertutto senza controlli doganali e con una sola valuta (finché dura) – quasi ogni luogo storico o museo racconta di scontri e divisioni: Francia e Germania hanno combattuto tre guerre negli ultimi centocinquant'anni e gli infiniti monumenti che celebrano l'orgoglio nazionale certo non aiutano a creare il senso di una comune cittadinanza europea. Ma ora qualcosa sta cambiando. Dopo che il trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, ha finalmente accolto il turismo come materia di competenza europea, riconoscendone il rilievo economico ma soprattutto sociale e culturale, anche la Commissione europea si è mossa. Da qualche tempo infatti si avverte uno sforzo coerente di proporre l'Europa nel suo insieme come possibile meta di un nuovo turismo culturale, con itinerari che per la prima volta sottolineano i legami, le collaborazioni e gli scambi tra i diversi Paesi, la comune identità culturale. Un processo al quale anche i rappresentanti italiani – per una volta – hanno contribuito con efficacia e convinzione. Un primo esempio del nuovo corso può essere considerato il sito www.visiteurope.com, ma la soluzione più semplice è parsa subito quella di adottare gli itinerari culturali («Cultural Routes» www.culture-routes.lu) del Consiglio d'Europa, un'iniziativa avviata 25 anni fa, nel 1987, con il glorioso "Cammino di Santiago" e andata avanti poi tra alti (pochi) e bassi (molti). Il «Touring Club Italiano» li ha ora raccolti in un volume stampato in centinaia di migliaia di copie che è stato dato in dono agli associati per il 2012 (Alla scoperta delle radici europee. I 29 itinerari del Consiglio d'Europa, Touring editore, pagg. 192). Un passo decisivo considerando che il maggior limite di questi percorsi è sempre stato l'essere poco conosciuti dal grande pubblico.
Scorrendo l'elenco si trova di tutto: celebri vie di pellegrinaggio come la via Francigena, la rete dei siti cluniacensi o cistercensi, l'itinerario dell'arte romanica ma anche un percorso sulle tracce della cultura ebraica. Si va da nord a sud lungo la via Carolingia, che ripercorre il percorso compiuto da Carlo Magno nell'autunno dell'800 da Aquisgrana a Roma per essere incoronato imperatore, così come l'antica via Regia che dall'alto medioevo collega Occidente e Oriente attraverso l'Europa del nord; e ancora percorsi musicali mozartiani, parchi e giardini, la diffusione dell'ulivo o della vite, le vie del ferro nei Pirenei o in Europa centrale e così via. Ben 19 toccano l'Italia, in diversa misura.
Personalmente, avendo coniato su queste pagine il termine "cimiturismo", amo molto l'itinerario dei cimiteri storici: un turismo tutt'altro che macabro e anzi assai più praticato di quanto non si creda. Ho poi percorso la straordinaria «Ruta del Quijote» (l'itinerario di Don Chisciotte), che sembra disegnato dallo stesso «cavaliere dalla triste figura»: 2.500 chilometri di strade assolate attraverso la Mancia che vanno da tutte le parti e in nessun posto. A dire il vero quest'ultimo di europeo ha ben poco, se non forse per il fatto di essere smisurato e irrazionale come parecchi dei provvedimenti che ci arrivano da Bruxelles, ma è comunque occasione di scoperte e rivelazioni a ogni svolta della strada.
Alcuni itinerari sono ragionevolmente percorribili, e anzi rappresentano una bella opportunità per viaggi fuorirotta, altri come la Rotta dei fenici, che attraversa tutto il Mediterraneo, rappresentano una sfida probabilmente insuperabile per chi non voglia passare il tempo a farsi controllare e timbrare il passaporto; per non citare l'itinerario delle fortificazioni che prevede di saltare (come?) dal Lussemburgo alla Transilvania, e non aggiungo altro. Qualcuno è ben tracciato e segnalato, altri sono quasi solo sulla carta e nella mente dei loro promotori. Ma nel loro insieme queste vie di dialogo rappresentano comunque un nuovo punto di vista sul viaggio, in una stagione avara di novità. La strada ci farà europei?
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