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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2012 alle ore 11:51.

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Ofra Amit ha 35 anni, due figli, vive a Tel Aviv: il padre è un ebreo di Bulgaria emigrato nel nascente stato d'Israele, la madre è figlia di polacchi in fuga dall'Europa agli inizi del Novecento, alla sua famiglia la Shoah dice poco. Nel giorno della memoria Amit, a Roma per presentare «Bruno. Il bambino che imparò a volare» (Orecchio Acerbo, 2012) libro per ragazzi che racconta con parole e disegni la vita del polacco Bruno Schulz, autore di «Le botteghe color cannella» (Einaudi), rende vane domande e interpretazioni sulle radici, suggerite dai colori caldi e le sfumature casalinghe, il tratto geometrico, i volti tristi e ironici.

«Non posso dire di essere stata influenzata dalla cultura d'origine dei miei nonni, sono figlia di un Paese nuovo nato dall'incontro di gente che arrivava da posti diversi. Avevo già sentito parlare di Bruno Schulz, grazie anche a David Grossman, ma solo quando l'editore italiano mi ha contattato mi sono immersa nel mondo di questo scrittore: sono rimasta sei mesi fra vecchie foto di quel periodo, i libri e il racconto di Nadia Terranova che avrei dovuto illustrare».

«I miei disegni sono minimali come lo è il lavoro di Schultz perché era importante per me tradurre in immagini i valori, comuni a ogni essere umano, ritrovati in quelle pagine». Amit pensa che le commemorazioni e il ricordo abbiano senso se si riesce a immaginare l'Olocausto non come la tragedia del popolo ebraico ma un abominio «che può e sarebbe potuto accadere a chiunque e ovunque».

In questo senso giovano - racconta Amit ospite di Tricromia, galleria romana dove ora sono esposti i suoi disegni, già casa di Gipi, Pericoli, Pazienza, Cicarè, Loustal, Luzzati, Cascella - anche i passi avanti fatti dalla società israeliana: «Penso si inizi a superare il trauma del trauma privato e si cerchi di andare avanti». Forse aiuta il fatto che lei è giovane, appartiene a generazione che la vede in un altro modo. «Giovane in Italia!» interrompe. «Diciamo non anziana». «Va bene – riprende Amit, divertita – ma accade una cosa strana: quando ero piccola si parlava molto meno di Olocausto, era il tabù, il grande segreto. Adesso fioriscono libri, iniziative, se ne parla di più nonostante sia passato più tempo. In questo senso Schulz è un autore ideale perché riesce a parlare anche ai bambini».

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