Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2012 alle ore 15:36.

My24

È un oggetto semplice, squadrato, un piccolo lavoro di falegnameria il portacarte che ho sul tavolo. Me lo ha regalato Paolo Rossi una delle ultime volte che sono andato a trovarlo nella sua casa di Firenze. Andava fiero della propria manualità il nostro più grande storico delle idee, autore non a caso, tra i tanti suoi libri divenuti subito dei classici, de I filosofi e le macchine (Feltrinelli), oltre che del suo Bacone e di Clavis universalis edito dal Mulino come degli ultimi Speranze e Mangiare, senza dimenticare quel gioiello impagabile che è La nascita della scienza moderna in Europa (Laterza).

Li ho scritti subito questi titoli, memore di un piccolo trucco da grande artigiano della scrittura che mi aveva rivelato: «Quando scrivo un articolo in genere faccio così. Butto giù per prime le frasi, i dati, le citazioni e i concetti che ci devono assolutamente stare. Non importa in che punto appariranno poi, nella stesura finale». Scrivere in breve era una delle sue arti, e conteneva già una grande lezione. Intellettuali, filosofi, siate veloci, incisivi, precisi, dite le cose importanti senza girarci troppo intorno. È il modo migliore per essere onesti, con voi stessi e con i vostri lettori.

Quando gli chiesi di collaborare con il Domenicale, aveva già bene in mente cosa voleva fare: una rubrica di brevi recensioni, 50 righe al massimo, da far uscire con cadenza quindicinale sotto il nome di Storia delle idee. Ed è passato un bel po' di tempo, il tempo necessario per diventare amici, prima che mi facesse dono dei consigli a un giovane conferenziere che trovate pubblicati qui a fianco. Sono regole preziose, che ci dicono chi era veramente Paolo Rossi. La prima volta che lo vidi, nel 1983, a un convegno alla Certosa di Pontignano, eravamo nell'autobus per Siena e un giovane, brillante bioeticista, stava seduto accanto a lui. «Bella la tua relazione, ma hai detto troppe cose. Non devi presupporre che i grandi maestri che hai davanti» - c'erano Bobbio, Scarpelli ecc. - «sappiano già di che cosa stai parlando. È un errore tipico dei giovani preparati come te».

La sua arte del 'porgere' la ritroviamo in definizioni come la seguente: «Cosa intendiamo con fede e religione? ... Direi che la religione non consiste nell'avere il senso della caducità o della insignificanza del mondo, ma nel compiere il passo successivo: quello che consiste nel cercare un rimedio a tale sentimento. Irreligioso è chi umilmente si rassegna alla parte insignificante dell'uomo nel vasto mondo. ... Tutti vorremmo che i malvagi vengano un giorno puniti e i giusti premiati. Non avere la certezza che sarà così provoca ovviamente, anche nei laici, una notevole dose di angoscia. Si può accettare di convivere con essa, nella convinzione che credere in un mito consolatorio non sia un rimedio accettabile». Così dovrebbe essere chiaro perché Rossi, che era «stato religioso fino alla prima Comunione», detestava gli «atei giulivi». Sono loro che ci inducono a credere che la laicità non sia altro che un futile gioco da ragazzi viziati e immaturi.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi