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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2012 alle ore 15:20.

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Per i vichinghi erano segnali delle fanciulle morte, per i danesi il riflesso delle ali di un cigno intrappolato nel ghiaccio. «A generarla sono le particelle elettricamente cariche che provengono dal sole e che vengono catturate dal campo magnetico terrestre che le 'incanala' verso i poli» spiega l'astronomo Pål Brekke, che sull'argomento ha scritto Our explosive sun. «Il nome aurora borealis le fu dato da Galileo. Suno Arnelius, Cartesio, Edmund Halley se ne interessarono, ma a scoprirne l'origine fu il norvegese Kristinan Birkeland», racconta. Per chi vuole vederla, è bene programmare un viaggio quest'anno o il prossimo.

La presenza dell'aurora boreale è infatti correlabile a quella delle macchie solari, che hanno un picco ogni 11 anni, e questa fase di grande attività è già iniziata, nei giorni scorsi è stata vista fino in Inghilterra. Le aurore boreali sono osservabili facilmente in un'area tra i mille i 3mila chilometri dal Polo Nord magnetico. Serve una notte limpida e senza luna piena e conviene andare fuori città in un luogo buio (a Tromsø alcune agenzie organizzano costose spedizioni notturne che hanno però un buon tasso di successo: www.visttromso.no). Monitorando l'attività del sole e la velocità del vento solare si può prevedere con un giorno d'anticipo l'ora e il luogo dell'aurora. Per informazioni http://kho.unis.no/forecast.htm

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