Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2012 alle ore 08:15.

Un libro che promette di disserrare (unlocking) il mistero della natura umana è sospetto di fantascienza. Questo, però, è scritto da uno dei più apprezzati neuropsicologi viventi. Lo si legge con grande interesse, anche se increduli che possa mantenere la promessa. Ramachandran, neuropsicologo dell'Università di California a San Diego, ha utilizzato sistematicamente, con risultati importanti, l'analisi clinica delle lesioni del cervello (epilessie, ictus e traumi) nello studio dei meccanismi nervosi della mente. Un cervello leso funziona globalmente in modo diverso da uno sano, ma nondimeno i segni e i sintomi del danno aiutano a capire il significato funzionale dell'area colpita e il suo ruolo nella creazione dei contenuti della coscienza.
The Tell-Tale Brain Unlocking the Mystery of Human Nature (tradotto ora da Mondadori come L'uomo che credeva di essere morto. E altri casi clinici sul mistero della natura umana) è una sintesi delle metodologie, ricerche ed esperienze di Ramachandran, che riporta molti casi clinici esemplari riferiti con maestria narrativa e inappuntabile esattezza. Gli esempi di come il cervello leso distorce i contenuti della coscienza sembrano a volte creati dalla fantasia di uno scrittore. Un giovane epilettico sentiva periodicamente il suo corpo come una noce vuota. Perdeva il senso di sé al punto da non sentirsi più vivo. C'era, ma non lo sapeva, come il palafreniere Gurdulù del Cavaliere inesistente di Italo Calvino. Dopo un trauma cranico alcuni pazienti, pur riconoscendo familiari e amici, erano convinti che fossero doppioni e impostori. Altri vedevano in tutte le facce che incontravano sempre la stessa persona, ad esempio una loro zia. Quando sono lesi centri nervosi della consapevolezza, può accadere di non rendersi conto di essere paralizzati o ciechi.
Gli studi di Ramachandran sulla complessa fenomenologia degli "arti fantasma" (le estremità che continuano a essere sentite nonostante siano state amputate), sono fondamentali. Il capitolo più interessante del libro è dedicato a queste condizioni. Esse sono esempi di come i contenuti della coscienza dipendano dalle condizioni del cervello e del corpo. Se era toccato nella metà sinistra della faccia, un giovane, cui era stato amputato il braccio destro, sentiva d'essere toccato nel pollice della mano amputata. Il riflesso mandibolare (si prova con un colpetto del martellino dei riflessi sul mento) provocava il senso di un oggetto tagliente dal mignolo al palmo della mano fantasma. Facendo scorrere un filo d'acqua lungo la parte sinistra della faccia, come se fossero lacrime, il giovane avvertiva un rivolo d'acqua che scendeva lungo il braccio amputato fino alla mano. In un altro paziente l'area della sensibilità corticale del pene aveva invaso quella del piede amputato, nel quale si proiettava anche il piacere dell'orgasmo. Le aree della sensibilità di mano e faccia e di pene e piede sono vicine. Queste apparenti stranezze esistenziali, considerate per decenni manifestazioni di follia, sono spiegate con la plasticità delle aree cerebrali della sensibilità, che si estendono a quelle degli organi amputati, alterate perché non ricevono più stimoli normali.
Gli altri capitoli si occupano della visione, della rara e interessantissima sinestesia, del linguaggio, dei neuroni specchio, dell'autismo e del cervello che crea opere d'arte (il capitolo meno felice). È acuta l'osservazione che i neuroni specchio sono probabilmente tenuti a bada da meccanismi inibitori, perché altrimenti la coscienza sarebbe immersa nel mondo esterno, che li stimola, in misura tale da farci perdere il senso dell'identità. Per Ramachandran il paziente che c'era ma non lo sapeva soffriva probabilmente d'attacchi epilettici d'iperattività di neuroni specchio.
Questi dati, che sono del massimo valore, sono sufficienti per dire che Ramachandran ha scoperto il mistero della natura umana? L'autore confessa che il neuoroscienziato si trova spesso in conflitto fra un compito noioso e banale, ma concreto ed esatto, come contare i coni della retina, e la tentazione affascinante e imprecisa di descrivere e spiegare la coscienza. In realtà, il lavoro della scienza è la cauta e disciplinata (raramente noiosa) raccolta di dati da sottoporre a verifica. Il sottotitolo dell'edizione americana del libro dice che si tratta delle riflessioni di un neuroscienziato su ciò che ci fa uomini. Anche se sostiene che siamo scimmie con un'anima, egli insiste molto, con uno sciovinismo con accenti quasi teologici, che siamo esseri unici e speciali, e che avvicinarci troppo ai primati è il peccato originale secolarizzato.
Questo è uno dei punti che ha suscitato una garbata e interessante discussione col filosofo Colin McGinn (New York Review of Books, 24 marzo e 23 giugno 2011). La differenza genetica fra noi e i primati è piccola, e per molti aspetti irrilevante: noi siamo quel che siamo, e le scimmie e gli animali anche. Fare classifiche è assurdo: Colin McGinn ironizza che i cervi sono infinitamente più belli di noi e che ci mancano le ali. Ciò che ci distingue dai primati è l'autoriflessione cui la nostra coscienza è arrivata in virtù della crescita evolutiva e casuale dei lobi frontali. All'autocoscienza l'autore dedica molte pagine, che, non a caso, non hanno nulla di scientifico, a conferma che i meccanismi cognitivi della coscienza non conoscono come essi stessi funzionino. Ramachandran ha scritto un gran libro di neuroscienze cognitive su alcuni dei meccanismi cerebrali che concorrono a creare la coscienza. La pretesa di risolverne il "mistero" era, come sempre, eccessiva.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi