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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2012 alle ore 09:01.

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Le protagoniste di "Farewell my Queen" Léa Seydoux, Diane Kruger e Virginie Ledoyen (Afp)Le protagoniste di "Farewell my Queen" Léa Seydoux, Diane Kruger e Virginie Ledoyen (Afp)

La regina Maria Antonietta questa sera aprirà le danze della 62esima edizione del festival internazionale del cinema di Berlino fino al 19 febbraio nella capitale tedesca.

Farewell, My Queen di Benoit Jacquot ritrae la sovrana francese (Diane Kruger), giunta dall'Austria appena adolescente alla corte di Luigi XVI, in una veste molto diversa dalla figura a noi tramandata della svaporata giovane donna che si vede letteralmente precipitare sul collo gli esiti della Rivoluzione francese. Jacquot racconta con gli occhi della servitù e della dama di compagnia, Sidonie Laborde (Léa Seydoux), gli ultimi giorni alla corte di Versaille, nella metà di luglio 1789.

Basato sull'omonimo libro di Chantal Thomas, Diane Kruger interpreta un personaggio antitetico per molti aspetti alla protagonista di Marie Antoinette (2006) di Sofia Coppola, in cui Kirsten Dunst gioca con scarpette di raso nell'assoluta ignoranza di ciò che la circonda. La sovrana di Jacquot è una donna che, abbandonata dalla famiglia di origine (nessuno in Austria muoverà un dito per salvarla), reagirà all'arresto pensando soprattutto a salvare i figli e arriverà alla ghigliottina con dignità.

Domani invece è tempo dell'attesissimo film di Stephen Daldry, sull'11 settembre, visto dalla prospettiva di un bambino che ha perso un genitore nel crollo delle torri gemelle. Molto forte, incredibilmente vicino è tratto dal libro di Jonathan Safran Foer (Guanda, 2005) e vede schierati in campo attori come Tom Hanks, Sandra Bullok e l'inossidabile Max von Sydow, sodale di molte opere di Ingmar Bergman. Quest'ultimo è in corsa per gli Oscar per il film di Daldry, come migliore attore non protagonista, mentre la pellicola ha avuto una nomination anche come miglior film.

Ma molte sono le sorprese di questa rassegna, che tra quelle di peso ha uno sguardo maggiormente rivolto al Terzo mondo. Si parlerà d'Africa in concorso con tre film Aujourd'hui del francese di origini senegalesi, Alain Gomis, con Rebelle del canadese Kim Nguyen e con Tabu del portoghese Miguel Gomes. Ma non mancano le firme del cinema. Arriva il filippino Brillante Mendoza con Captive sul gruppo estremista islamico Abu Sayyaf con Isabelle Huppert e Wang Quan'an, già premiato con l'Orso d'oro nel 2007 per Il matrimonio di Tuja, presenta White deer plain, una specie di meglio gioventù cinese che attraversa cinquemila anni di storia attraverso le avventure di due famiglie e dei suoi discendenti.

Il regista teatrale Declan Donnellan porterà sugli schermi Bel amidi Guy de Maupassant, che suona come una sferzata attualissima all'ipocrisia della società odierna. E ancora Angelina Jolie, per la prima volta dietro la macchina da presa, racconta il recente conflitto balcanico in Nella terra del sangue e del miele, mentre l'Italia è in gara con Cesare deve morire dei fratelli Taviani, docufiction scespiriana, girata all'interno del carcere di Rebibbia con i detenuti. Saremo presenti anche con due pellicole che riguardano il G8 di Genova: Diaz. Non pulite quel sangue di Daniele Vicari con Elio Germano e Claudio Santamaria e il documentario The summit di Franco Fracassi e Massimo Lauria, entrambi nella sezione Panorama, culla degli indipendenti della rassegna.

In tutto il festival presenterà il numero record di 400 titoli. Sarà una dura lotta, soprattutto per il presidente della giuria del concorso, Mike Leigh. Per ora un premio solo è sicuro, l'Orso d'oro alla carriera di Meryl Streep, che arriverà con il suo ultimo The iron Lady, ritratto del primo ministro inglese Margareth Thatcher, per la cui interpretazione è in corsa per gli Oscar come migliore attrice.

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