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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2012 alle ore 16:59.

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Ha fatto scalpore la notizia per cui Siena Jazz, «associazione culturale senza scopo di lucro», dopo 34 anni dedicati più alla didattica e agli archivi di alta qualità che all'organizzazione di concerti, è stata riconosciuta ufficialmente come «Libera Università del Jazz». I cultori della musica afro-americana la chiamavano "università" da tempo, ma non pensavano che l'immaginazione sarebbe diventata realtà. Adesso in Italia, a Siena, esiste la laurea triennale in jazz così annunciata: «Il decreto firmato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca riconosce che la prestigiosa istituzione senese, leader della formazione jazzistica, è abilitata a rilasciare titoli accademici di alta formazione al pari dei Conservatori statali e delle istituzioni e Università europee e internazionali con cui collabora da anni».

Però non è di Siena Jazz che qui si vuole parlare, ma di un'istituzione che le somiglia, cioè il Museo del Jazz di Genova, allo scopo di contribuire a porre in evidenza un altro importante centro di studi e di ricerche sulla musica afro-americana che oltretutto ha una sede prestigiosa nello splendido Palazzo Ducale. Cito soltanto le persone principali dello staff: presidente è Adriano Mazzoletti, direttore artistico (vale a dire il factotum) è Giorgio Lombardi, addetto stampa è Guido Festinese. Il Museo è giovane, è stato fondato nel 2000 ed è nato da un progetto del più antico Louisiana Jazz Club di Genova che, come tanti altri jazz club, allestisce concerti da quarant'anni nel capoluogo ligure. Il nuovo ente si è dato scopi precisi di documentazioni, di servizi, e naturalmente anche di organizzazioni di concerti.

Vediamo. Il materiale sonoro di cui il Museo è già riuscito a dotarsi ammonta a circa 50mila pezzi fra dischi in vinile – cioè a 33, 45 e 78 giri – cd, nastri, cassette, con raccolte pressoché integrali delle opere di Louis Armstrong, Duke Ellington, Billie Holiday, Charles Mingus, Thelonious Monk, Eddie Condon e tanti altri. Il settore audiovisivo comprende film e documentari di interesse jazzistico da Hallelujah di King Vidor del 1929 a Woody Allen, nonché filmati originali fuori commercio. L'elenco completo è riportato sul sito del Museo www.italianjazzinstitute.com. Copioso è il corredo cartaceo che comprende libri, riviste, bio-discografie, eccetera.

I servizi (il Museo è aperto al pubblico dalle 16 alle 19 da lunedì a sabato) prevedono l'ascolto del materiale sonoro disponibile, la visione dei filmati, la consultazione dell'archivio cartaceo. Ogni martedì pomeriggio si tengono conferenze sulla storia del jazz a cura di noti esperti, spesso con la proiezione di documentari. L'ente, inoltre, produce in proprio dischi e libri il cui catalogo è consultabile sul sito e fornisce relaazioni sui principali avvenimenti jazz a Genova e non solo. Offre infine, come centro specifico di studi e di ricerche, un servizio internet forse unico, essendo collegato mediante il sito con gli utenti e i cultori di jazz di tutto il mondo. Ovvero può dare a chiunque, sulla base di tariffe apposite, informazioni su qualsiasi registrazione discografica riportata nelle varie discografie.

Ci sarà forse, in futuro, un'altra «Libera Università italiana del Jazz?». Chissà.

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