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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2012 alle ore 16:28.

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Il film «Diaz. Non pulire questo sangue» di Daniele Vicari è uno dei tre film della sezione Panorama che ha vinto il premio del pubblico al festival di Berlino. Il primo premio, per numero di voti, è andato a film yugoslavo «Parada» di Srdjan Dragojevic; il secondo premio al film italiano e, il terzo, al brasiliano «Xingu» di Cao Hamburger. Il film, che racconta i fatti della scuola Diaz durante il G8 di Genova, è una coproduzione Italia-Francia-Romania e già alla presentazione aveva avuto un'accoglienza caldissima. Mille persone in piedi ad applaudire il film prodotto da Domenico Procacci per Fandango e in uscita nelle sale il 13 aprile in 100 copie. «È stato un film difficile e ci abbiamo lavorato oltre tre anni» è stato il commento del regista.

Difficile lo è anche per chi guarda, a tratti insopportabile per la violenza ripetuta e gratuita della polizia su persone inermi. I fatti che Vicari ricostruisce a partire da documenti e materiale di repertorio e restituisce in forma di finzione, sono quello del 13 luglio 2001. Gli atti conclusivi del G8 di Genova, la scuola Diaz punto di ritrovo per giornalisti, ragazzi venuti da ovunque per manifestare contro la globalizzazione. Nessuno poteva immaginare cosa sarebbe successo in poche ore: l'assalto alla Diaz con qualsiasi mezzo da parte della polizia e botte da orbi e orrori di ogni tipo (calci, pugni e manganellate a iosa) a chiunque si trovasse dentro l'edificio. Reporter, pensionati che cercavano un letto per la notte, giovani curiosi. La scusa ufficiale: due bombe Molotov e sedicenti anarchici mai trovati.

Tra tanta brutalità, un poliziotto con un cuore: il vicequestore Claudio Santamaria (bravo come sempre), l'unico ad avere dubbi sulla legittimitá dell'intervento e sui metodi usati da colleghi e superiori.

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