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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2012 alle ore 18:59.

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Il manifesto della cultura del Sole 24 Ore che potete leggere sopra, in questa stessa pagina, è un po' figlio di un incontro casuale con Armando Torno, storico curatore della Domenica del Sole, di un paio di settimane fa a Milano, a Largo Cairoli. Chi segue questa rubrica sa già che parlammo del "capitale dimenticato" della cultura, di un Paese che appare spesso senza memoria e fa fatica a capire che calpesta disinvoltamente uno dei più inimitabili patrimoni che ha. Appartiene alla sua storia, fa parte dei cromosomi del popolo italiano, non è e mai dovrà essere un costo ma un investimento. Una miscela unica che può "nutrire" il cambiamento perché entra nelle teste ma è fatta di valori e di cose belle che si toccano, scuote le coscienze e ritempra l'anima ma esprime anche un altro pezzo importante di quella economia reale made in Italy che "vive" nel mondo ed è la base della rinascita possibile di questo Paese. Con la cultura non si mangia, ha sostenuto più di un ministro qualche tempo fa, ma di certo con l'ignoranza si vive male e, soprattutto, si ipoteca un futuro di miseria per i nostri giovani. Non comprendere come i luoghi dell'economia e della cultura si intreccino e si alimentino tra di loro, in particolare in Italia, è il segno più evidente di una miopia che ha pesato (e pesa ancora) come un macigno su un disegno di sviluppo che voglia durare più di qualche generazione.

Il nove dicembre del '46 Alcide De Gasperi tenne un discorso importante alla Scala a Milano. Parlò a lungo di economia e di ricostruzione, aveva a cuore «l'Italia dei nostri lavoratori, l'Italia del popolo italiano dalle molte vite, sperse in tutto il mondo in nome della fede, del lavoro, della cultura». La sua presenza lì era già un programma, "parlava" da sola. Ci ricordava quello che aveva più volte sostenuto: «Una è la nostra forza, la forza del lavoro e della cultura italiana, associate nella consapevolezza della nostra particolare civiltà». Quest'uomo era alle prese con le macerie del dopoguerra ma capiva l'importanza della cultura e dei suoi simboli per lo sviluppo: il soffitto e le pareti della Scala ricostruiti custodivano ancora le note dell'ultimo concerto di Toscanini, mettevano insieme musica ed economia, cultura e speranza, il sogno riuscito del riscatto di un Paese. La "costituente" della cultura di cui ha bisogno (urgente) l'Italia di oggi può ripartire da quelle pareti piene di storia, ma ha soprattutto bisogno di uomini con la visione e lo spirito di quegli anni.

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