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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2012 alle ore 12:46.

Dal film "Quasi amici"Dal film "Quasi amici"

La quiete dopo la tempesta: così si può sintetizzare quest'ultimo weekend cinematografico di febbraio che, dopo i botti delle scorse settimane («Hugo Cabret» e «Paradiso amaro» in primis), presenta tra le nuove uscite pellicole difficilmente destinate a rimanere a lungo impresse nella memoria.

Tra queste, la più attesa, sia per il nome del regista che per i membri del cast, è «Knockout» di Steven Soderbergh, presentata fuori concorso all'ultimo Festival di Berlino.

Protagonista è l'attrice (semi)esordiente Gina Carano, ex campionessa di arti marziali, che interpreta Mallory Kane, spia statunitense sotto copertura, tradita e incastrata dalla sua stessa agenzia. Scampata all'iniziale pericolo, la donna cercherà di vendicarsi di tutti coloro che la volevano morta. Vittima di una sceneggiatura troppo canonica, «Knockout» alterna sequenze emotivamente riuscite, tra le quali una conclusione ben calibrata, ad altre poco incisive.

Se l'obiettivo era realizzare un film in grado di omaggiare il cinema d'arti marziali dell'estremo oriente (la scuola hongkonghese degli anni '80 e '90 su tutte), lo stile troppo patinato del sopravvalutato Soderbergh rischierà di scontentare anche i fan più puri del genere. In un cast di all star (tra gli altri, Ewan McGregor e Michael Fassbender), svetta soltanto Michael Douglas, che riempie magneticamente lo schermo nei (troppo) pochi minuti in cui è in scena.

Di tutt'altro genere è «Quasi amici», pellicola diretta a quattro mani da Olivier Nakache ed Eric Toledano, che arriva nelle nostre sale dopo aver ottenuto uno straordinario successo ai botteghini francesi. Tratto da una storia vera, il film racconta l'incontro tra due mondi apparentemente incompatibili: quello del ricco aristocratico Philippe, reso paraplegico da un incidente col parapendio, e quello del giovane Driss, ragazzo di periferia appena uscito di prigione, scelto per fargli da badante. Al termine di un incipit suggestivo, in cui i due protagonisti sfrecciano in automobile tra le strade di Parigi, la coppia di registi abbandona ogni pretesa d'autorialità a favore di una messa in scena spesso ricattatoria, sia per scelte musicali che stilistiche, nel tentativo di commuovere a tutti i costi.

Tra le note positive, da segnalare la performance dei due attori: il veterano François Cluzet e la rivelazione Omar Sy, che aveva già mostrato il suo talento ne «L'esplosivo piano di Bazil» di Jean-Pierre Jeunet. In attesa di conoscere i risultati del film ai nostri botteghini, già si parla di un possibile remake nostrano in un'operazione che ricorderebbe quella fatta con «Benvenuti al sud», rifacimento del francese «Giù al nord».

Se in «Quasi amici» non mancano comunque i momenti riusciti, è difficile trovarne in «Un giorno questo dolore ti sarà utile», l'ultima fatica di Roberto Faenza che torna al cinema di finzione dopo la parentesi documentaristica di «Silvio Forever». Tratto dall'omonimo romanzo di Peter Cameron, il film ha per protagonista James Sveck, diciassettenne anarchico e solitario, che sogna una vita isolata nel Midwest piuttosto che frequentare l'università. I genitori, divorziati e molto superficiali, non lo capiscono e così il giovane trova conforto soltanto in compagnia della nonna Nanette.

Melodramma di formazione privo di spunti originali, «Un giorno questo dolore ti sarà utile» è una pellicola supponente, così come lo è la recitazione del giovane Toby Regbo, incapace di emozionare a causa della sua freddezza programmatica, a cui fa da contesto una situazione oltre il limite dei più datati cliché sulla società americana. Nonostante le intenzioni del regista, al termine della visione rimane davvero ben poco di un film che, a differenza del dolore provato dal protagonista, difficilmente un giorno potrà risultare utile.

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