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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2012 alle ore 14:46.

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Quarantotto anni portati splendidamente, nominato insieme all'amico di sempre George Clooney. Già li immaginiamo ridere di questa sana rivalità tra amici e colleghi. Sex symbol entrambi, sempre al centro dell'attenzione per i loro amori e per le loro scelte coraggiose. Solo che Brad è di sicuro più tranquillo e "casalingo" se è vero che dopo l'unione con Jennifer Aniston (la Rachel di Friends) si è consacrato alla donna che se lo rubò sul set di Mr. e Mrs. Smith, Angelina Jolie. Padre felice e attore realizzato, ne è passata di acqua sotto i ponti da quando colpì l'immaginario femminile con la sua partecipazione in Thelma e Louise, nel 1991. Arriveranno, sempre negli anni '90, Kalifornia (con l'ex fiamma Juliette Lewis) e Intervista col vampiro, ma il vero successo, di critica e pubblico, giunge con Seven di David Fincher, cult che cambiò il cinema di quegli anni.

Nello stesso anno L'esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam non ha lo stesso successo ma lo accredita definitivamente presso i grandi autori e da bellissimo diventa anche bravissimo. In Sleepers di Levinson condivide il set con grandissimi come Hoffman e Gassman, il sopravvalutato L'ombra del diavolo lo aiuta ad alzare il suo "prezzo", il noioso Sette anni in Tibet gli viene cucito addosso per valorizzarne le qualità. Nel 1999 è sempre Fincher a regalargli un altro ruolo da storia del cinema: Fight Club ce lo mostrerà tumefatto e arrogante come mai prima (e forse dopo) di allora. Da qui comincia a rischiare e avviene la sua maturazione: divertente ed efficace in The Snatch di Guy Ritchie, solido nei film con Soderbergh e/o Clooney (la saga di Ocean, Confessioni di una mente pericolosa) e in Babel di Inarritu. Inutile dirvi che però, dopo l'avventura del sottovalutato L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, è sempre Fincher a portarlo agli allori con Il curioso caso di Benjamin Button. Poco prima si era regalato il gradevole Burn after Reading dei fratelli Coen, altra deviazione nella commedia, più in là sarà bello, sporco e cattivo nel tarantiniano Inglorious Basterds. Alla terza nomination, spera di mettere in bacheca l'Oscar e pareggiare con l'amico George. Lo farebbe con Moneyball, giustamente, e non con la pur volenterosa performance di The tree of life- tanto lodato quanto deludente- di Terrence Malick. Il suo dirigente sportivo sui generis, freddo e appassionato, tutto baseball e modernità, in Italia ha trovato poca fortuna. Ma Brad sa, come noi, che è uno dei migliori esempi di cinema sportivo di Hollywood.

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