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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2012 alle ore 14:55.
Chissà che il numero 17 alla più grande attrice vivente non porti fortuna. Tante, infatti, sono le nomination portate a casa, in 32 anni, da Meryl Streep. La più nominata della storia del cinema, anche se il palmares ci dice che non vince da quasi 30 anni (portò a casa l'Oscar come migliore non protagonista di Kramer contro Kramer nel 1980 e come miglior protagonista nel 1983 con La scelta di Sophie). Da allora si è allenata a sorridere con classe guardando, per ben 13 volte, le vittorie altrui, spesso immeritate.
In questa edizione 2012 arriva a Los Angeles con The Iron Lady, biopic su Margaret Thatcher: la pellicola è brutta, sconclusionata, scritta male. Lei però, come sempre, è di un altro livello: quando la guardi, capisci che certe parti può farle soltanto lei, che in quella donna c'è un talento che nessun altro ha. Un po' come Maradona, lei può avventurarsi laddove altri raccoglierebbero solo brutte figure. Si pensi al gustoso Julie & Julia o allo scatenato Mamma mia! in cui balla, canta e dimostra 30 anni.
Ma la bionda mattatrice passerà alla storia per altro: per quel piccolo grande ruolo ne Il cacciatore di Cimino (la prima nomination), per la madre atipica di Kramer contro Kramer, per La mia Africa e per l'adorabile e scorretto La morte ti fa bella, per La casa degli spiriti (dove divise oneri e onori con la rivale Glenn Close) e I ponti di Madison County, per La stanza di Marvin e The Hours, per gli iconoclasti The Manchurian Candidate e Il diavolo veste Prada. E, in tv, per Angels in America. Un elenco incompleto, inevitabimente, che evidenzia l'incredibile dote di migliorare con gli anni, di non sentire la crisi del cinema né quella generazionale e di genere. Un fenomeno assoluto. L'Oscar alla migliore attrice dovrebbero chiamarlo il "Meryl Streep". E fa sorridere pensare a Dino De Laurentiis che la scarta per King Kong...
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