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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2012 alle ore 13:35.

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Questa novella tratta di un tale caso avvenuto fra marito e moglie che uno simile non s'è mai udito.

Un tempo viveva a Civitanova Marche un giovane di nome Mauro che andava per mare in qualità di pescatore ma senza granché d'attrezzatura, solo ami, lenze e reticelle di piccolo pescaggio, e teneva per moglie una giovinetta che si chiamava Peruccia. Capitò una volta che tale Mauro fece ritorno dalla pesca con la borsa di rete colma di granchi marini, animali scomodi da trasportare, per giunta molesti, dotati di tenaglie che se afferrano c'è poco da stare allegri.

Dunque, verso sera, arrivato a casa col suo pescato e con l'impazienza di mangiare e bere, come succede a chi fatica in mare, il giovane disse alla moglie che aveva intenzione di cenare subito e che perciò si mettesse a preparare, quindi pose la rete sul letto, e non appena fu apparecchiato i due si misero a tavola, dopo di che, vogliosi di soddisfare l'altro desiderio, che era quello del riposo, se ne andarono a dormire dimenticandosi della rete, e in special modo di dov'era stata lasciata.

Ora, mentre marito e moglie erano avviati al primo sonno, uno dei granchi uscì dalla borsa e infilatosi tra l'uno e l'altro lenzuolo, s'avvicinò alla donna arrivando fin dalle parti della bocca che non morde. Ma non appena la donna fece il gesto di toccar con mano per sapere cos'era che tentava d'imbucarsi, il granchio afferrò dove possibile, stringendo forte; al che la donna, sentendosi presa al labbro di tale bocca, si mise a lanciare tante di quelle urla che per effetto venne meno il sonno anche al marito, il quale si svegliò dicendo: «Ma che succede?».

La moglie non aveva idea di cosa fosse, almeno di preciso, e rispose che qualcosa di feroce l'aveva presa nelle parti basse, ma non sapeva cosa. Subito il marito s'alzò e si mise a cercare un lume. «Dov'è?, dov'è?», disse come si fa quando si cerca il fuoco. Poi la donna, sempre continuando con le grida, tolse la coperta e gli mostrò il fatto intero: «Guarda, per Dio! guarda cos'è che mi sta storpiando!». E anche nel dir questo non la smetteva coi lamenti. Alla vista del granchio, e di come la moglie era afferrata, e soprattutto dove, Mauro rimase di stucco: «Per la Santa Maria dell'Oreno! – disse – uno di quei granchi è uscito dalla rete e quello t'ha afferrata». Ma intanto che parlava si dava da fare tentando di pigliare ora una pinza ora l'altra, e di tirare per separare il granchio dalla donna, ma inutilmente, perché il granchio, più si sentiva tirare più s'attaccava, e mordeva, azzannava, e con l'altra tenaglia tentava di afferrare le mani all'uomo che tirava: il tutto senza che mai la moglie smettesse di gridare.

Avvenne allora che il marito, uomo di ragionamento alquanto grossolano, si decise a combattere in altra maniera, e trascinato dalla fantasia di troncare a morsi la zampa fornita di tenaglia chinò il capo verso la parte della donna dove si era scatenata la lotta, ma come fece per aprire la bocca e afferrare coi denti il suo nemico, fu invece il granchio che mosse all'assalto, e con l'altra zampa lo attanagliò al labbro. Subito il marito cominciò a gridare come già faceva la donna, che in più tirava; e così, senza porre fine alle grida, si ritrovarono a tirare sia l'uno che l'altra, e nel frattempo, benché non gridasse, il granchio non la smetteva di abbrancare anch'esso, sospinto dalla sua fiera natura.

Lo strepito che ne seguì fu reso anche maggiore dalla cisterna dove rimbombavano le urla, e il rumore della lotta divenne così forte da smuovere gli altri che abitavano nei pressi. «Cos'è? – si misero a gridare i vicini – che succede?». Poi accorsero a verificare l'accaduto. Le loro domande rimanevano tuttavia senza risposta perché Mauro era stato catturato per il labbro della bocca, e di quello che diceva non si capiva niente, mentre la donna era talmente presa dalla vergogna che non osava dire cosa stava succedendo, continuava però a lanciare le sue grida di dolore, tenendo ben tirata la coperta, ragion per cui il marito si mise a urlare in modo differente, e allora si capì che andava soffocando.

A quel punto i più decisi presero coraggio. «Meglio vedere la cosa da vicino», dissero tra loro, e scoperchiate via le coperte apparvero marito e moglie presi dal granchio marino, ma in due luoghi così diversi, benché vicini, che la cosa risultò parecchio strana, tanto che furono tutti svelti a farsi il segno della croce. Non per questo Mauro la smetteva coi lamenti, e anche se parlava con poca chiarezza d'espressione, adesso fu chiaro che chiedeva aiuto.

È dunque da sapere che in mezzo alla brigata giunta in soccorso c'era un valente maniscalco, il quale ordinò a un suo garzone che andasse a cercare le tenaglie, e appena ebbe l'attrezzo in mano s'avvicinò ai due per liberarli dall'incatenamento. Quelli però, alla vista di un arnese tanto grosso, e considerato il punto dov'era necessario che si facesse il taglio, furono presi da spavento, senza contare la vergogna che qualcuno vedesse da vicino il posto dove il granchio aveva tentato d'imbucarsi. Alla fine, tranciate che furono le pinze al granchio, moglie e marito vennero liberati ma rimasero i segni della lotta, e il dolore fu tale che il marito dovette ricorrere a certe pezzuole inumidite d'unguento da portare al labbro, mentre la donna, che pure si medicò parecchio, dovette andare in giro per un gran pezzo a gambe aperte.

Ecco perché del fatto si parlò in abbondanza, e ci fu un gran ridere, e ci fu anche dell'altro, visto che il maniscalco domandò d'essere pagato per il servizio reso, rimborso che invece Mauro rifiutava, allegando la ragione che il ferraio andava pagato in caso di ferratura e non di sferratura. Ma il maniscalco doveva essere un gran maneggiatore non solo di tenaglie, e con parole appropriate fu capace di replicare all'argomento del pescatore: «Ma come? Non devo essere pagato se libero un cavallo da pericolo mortale? O se lo libero da altri pericoli? Facciamo il caso di un cane rabbioso, com'era questo granchio, e che afferrasse un cavallo, e che io, operando, facessi in modo che il cane lo lasciasse, e che poi il cavallo guarisse. In tal caso non dovrei essere pagato ugualmente, pur non trattandosi di ferratura?». Parlò talmente bene, il maniscalco, con tale efficacia di ragionamento, che il pescatore fu costretto a tirar fuori venti soldi, come fosse stata ferratura di cavallo.

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