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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2012 alle ore 21:53.

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L'edizione 2012 di Bergamo Jazz, affidata alla direzione artistica di Enrico Rava, è andata oltre ai consueti tre giorni del primo weekend di primavera che è rimasto comunque il momento più importante. Ha dedicato quattro giorni preliminari, molto opportuni, ai rapporti fra il jazz e il cinema che è sempre utile approfondire. Basti qui ricordare che si tratta di due arti di collaborazione coetanee – sono nate entrambe agli albori del secolo scorso – e che non a caso il primo film sonoro della storia del cinema fu Il cantante di jazz (1927) di Alan Crosland. A Bergamo il chitarrista Roberto Cecchetto ha sonorizzato a suo modo il film Charleston di Jean Renoir improvvisando sulle immagini; e sono stati proiettati Le relazioni pericolose di Roger Vadim, L'uomo del banco dei pegni di Sidney Lumet, Steve plays Duke e Miles Gloriosus di Ciprì e Maresco, L'uomo dal braccio d'oro di Otto Preminger, Thelonious Monk: Straight no chaser di Charlotte Zwerin e Jazz on a summer's day di Stern e Avakian. Assai apprezzati anche il progetto didattico "Incontriamo il Jazz" rivolto agli studenti della scuola primaria e secondaria in collaborazione con il Centro Didattico Produzione Musica, e il concerto in solo del tubista Oren Marshall ambientato nella Galleria d'arte moderna e contemporanea.

Veniamo ora ai concerti più significativi, usando il solito inevitabile setaccio vigoroso. E mettiamo in principio, anziché in coda, una piccola goccia di veleno che, da vecchio frequentatore del festival orobico, mi permetto di definire quasi affettuosa. Si vedrà tra poco che – a mio avviso personale, quindi senza alcuna pretesa oracolare – i due concerti migliori si sono ascoltati di pomeriggio all'Auditorium, anziché di sera nella sede sontuosa e sempre esaurita del Teatro Donizetti. I due concerti, pertanto, rientrano in quelli che la brochure dettagliata del programma colloca fra gli "Eventi collaterali". Per favore, si prenda in considerazione la mia sommessa protesta. A Bergamo, fra la prima e la seconda serie del festival, si fa grande jazz dal 1969, e qui sono nati e cresciuti musicisti di alta caratura (può bastare la citazione di Gianluigi Trovèsi?). Perciò, in quarant'anni abbondanti, un pubblico consapevole si è di certo formato. È vero che un mio giovane collega, poco prima del concerto (al Donizetti) del pianista Jason Moran giustamente famoso, ha sorpreso un'elegante signora mentre avvisava un'amica, mediante cellulare, che stava per ascoltare un pianista, "un certo Morgan". Ma suvvia: succede.

Andiamo per ordine. Altri colleghi esigenti non hanno gradito che Moran, durante la sua performance solitaria, sia ricorso all'iPod per avere il supporto delle voci di Fats Waller, di Billie Holiday e addirittura della danza dei piedi di Thelonious Monk (chi ha potuto vederla e sentirla a suo tempo non l'ha mai dimenticata). Si poteva farne senza, bastava la classe di cui Moran ha dato prova – cito quasi a caso – in Monk's Mood, Body and Soul, The Sheik of Araby e così via. Applaudito come si doveva il trombettista Paolo Fresu che ha preceduto Rava nella direzione artistica di Bergamo Jazz: ha (ri)presentato con il fisarmonicista Daniele di Bonaventura e le sette voci di A Filetta il suo progetto Mistico Mediterraneo, già noto in disco e nei concerti.

I due concerti pomeridiani di cui sopra sono gli splendidi exploit del quartetto Tim Berne Snakeoil (Tim Berne sax alto, Oscar Noriega clarinetto e clarone, Matt Mitchell pianoforte, Ches Smith batteria-percussioni) e del Craig Taborn Trio (Craig Taborn pianoforte, Thomas Morgan contrabbasso, Gerald Cleaver batteria). Ospitarli al Donizetti sarebbe stato un atto di fiducia nel pubblico e una caratterizzazione del festival nel senso di uno sguardo serio e positivo verso il futuro. Sarà per un'altra volta. Il quartetto tale e quale può essere udito – possibilmente nel silenzio di una cuffia – nell'omonimo cd Ecm, mentre Taborn dà una buona idea di ciò che ha fatto a Bergamo nel suo album Piano Solo, pure per Ecm. Ha elargito una suite di un'ora senza soluzione di continuità e in costante e cangiante tensione, con un'interplay perfetto e i tre protagonisti in assoluta intesa. Alla fine gli spettatori sono esplosi in un'ovazione liberatoria.

La serata finale al Donizetti ha proposto il trio del pianista Brad Mehldau magnifico, a tratti commovente, seppure un po' routinier dopo tanti anni, e la Pocket Brass Band del trombonista Ray Anderson con Lew Soloff tromba, Matt Perrine sousaphone ed Eric McPherson batteria. Una formazione quasi assurda, ma la bravura dei musicisti (mai sentiti simili assoli di sousaphone) ha fatto il miracolo di un concerto di stampo tradizionale e vetero-ellingtoniano, divertente e bello. Bergamo Jazz 2012 avrà il prossimo 14 aprile, al Centro Congressi, un codicillo di qualità con una mostra del pittore Gianni Bergamelli intitolata «I volti del Cinema», seguita da un concerto dello stesso Bergamelli pianoforte con Gianluigi Trovèsi sassofoni – suonarono entrambi al festival di Bergamo del 1971! – e la voce di Veronica Krolova. Naturalmente il concerto si chiamerà «Le note del cinema».

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