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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2012 alle ore 08:18.

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La primavera milanese della danza contemporanea e della performance è in fiore: a «Uovo», appena concluso, segue ora «Danae». La freschezza, dono raro, ha abitato, e parliamo di «Uovo», Forecasting di Giuseppe Chico e Barbara Matijevic´, l'installazione di William Forsythe e un video, Véronique Doisneau di Jérôme Bel. Artefice di un felice metalinguaggio della danza, il francese Bel ha progettato, dal 2004, una serie di «ritratti d'artista» di cui Véronique Doisneau – nome e cognome di una vera ex-danzatrice del Balletto del l'Opéra di Parigi –, è il prototipo.
Sul nobile palcoscenico di Palais Garnier, nel giorno del suo addio alle scene, la Doisneau si mostra sola, in tuta e tutù lungo sottobraccio, e, munita di microfono e bottiglietta d'acqua, è pronta a sciorinare in poco più di mezz'ora la sua vita, soprattutto la sua carriera. Melanconicamente elegante e molto francese – di lei stessa anzitutto dice: «Il pubblico che mi vede da lontano potrà scambiarmi per Isabelle Huppert» – e poi si auto-presenta. Quarantadue anni (allora, nel 2004), sposata, due figli, Véronique è sempre stata "solo" solista, tra Corpo di Ballo e ruoli di maggior spicco. Una certa fragilità e un incidente occorso a vent'anni le avrebbero precluso una via da star. Ma questo status non le ha impedito di far tesoro delle indicazioni «sul rispetto del senso del gesto» impartitele, al l'Opéra, da Rudolf Nureyev. Passando in rassegna i coreografi prediletti: Petipa, Balanchine, Robbins, ecco che s'infila il tutù per mostrare la prediletta seconda variazione dal Regno delle Ombre di La bayadère. Dopo aver confessato – scandalo per una francese – di non aver mai amato né Béjart, né Petit, la Doisneau è di nuovo in azione, ma senza tutù, per mostrare un passaggio da Points in Space di Merce Cunningham.
Arrivano i desiderata mai realizzati: ballare Giselle, cosa che fa, per un briciolo del secondo atto bianco. Quando, però, si tratta della versione moderna del balletto, firmata Mats Ek, chiama in causa Céline Talon. E, seduta in proscenio, spalle al pubblico, diventa lei stessa non solo spettatrice ma anche critica! Qualche punta d'acre ironia se la concede pure, la nostra solista, spiegando la frustrazione di chi fa parte della schiera dei trentadue cigni del Lago cajkovskiano, spesso solo fermi e in posa: «Io avrei sempre voluto urlare o scappare dal palcoscenico», dice. Prima di abbandonare ma definitivamente la scena, Véronique mostra come si fa a salutare, a prendere gli applausi. In una manciata di minuti penetriamo nel dono di se stessa di una ballerina senza fisime da diva, nella sua purezza e sensibilità trasparenti. Jérôme Bel non sceglie a caso i suoi modelli: avevamo apprezzato, dal vivo, il suo Cédric Andrieux, «dipinto coreutico» di uno storico ballerino di Cunningham, ma qui valichiamo la terza parete per entrare nel mondo del balletto sulle punte, con la stessa grazia un po' estenuata e lievissimamente snob della Doisneau. E il "pittore" contemporaneo Bel ci sorride.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Véronique Doisneau, Jérôme Bel,
a «Uovo», e ora in tournée; «Danae Festival», Milano, sino al 14 aprile.
Sul sito da martedì il videocommento di Marinella Guatterini
http://24o.it/danza

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