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Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2012 alle ore 08:14.

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Ci sarà anche il premio Nobel Seamus Heaney al convegno bolognese per ricordare Giovanni Pascoli a cento anni dalla sua morte (6 aprile 1912). Heaney ricorderà le tante affinità che lo legano al poeta di San Mauro. Anche il suo orizzonte nativo è fatto di campi e di case di contadini, anche nella sua Irlanda ha visto l'allodola levarsi dal nido e ha sentito cantare la cinciallegra.
Con giusto orgoglio Heaney dice che gli è più familiare il contadino sulla porta della stalla che il saggio sulla porta della sua proverbiale torre d'avorio. Dapprima Heaney, che possiede come Pascoli una solida cultura classica, si è confrontato con Virgilio, traducendo e reinterpretando le ecloghe, ma poi il più recente incontro con Pascoli ha avuto l'effetto di una folgorazione. Venuto a conoscenza dell'Aquilone, nelle sue aeree terzine si è sentito a casa sua, in un coinvolgimento autobiografico, nel ricordo della sua fanciullezza. In occasione della sua partecipazione al convegno bolognese, gli è stato inviato un nutrito manipolo di poesie pascoliane, perché ne scegliesse qualcuna da rendere in inglese. Invece ha finito per tradurle tutte.
Si è così cimentato con le liriche che in Myricae formano la sezione più "virgiliana" dell'Ultima passeggiata, ammirando il linguaggio straordinariamente concreto con cui Pascoli persegue la sua "poetica degli oggetti": «il passero» «tra i rami irti del moro», il «pettirosso» e le «siepi», il «tintinno come d'oro».
Ma Heaney non si è nemmeno sottratto al confronto con le poesie in cui Pascoli salda la vita della campagna ai drammi dell'esistenza, personale e collettiva, con versi che nulla hanno di idillico. Esemplare è la versione della Cavalla storna, che la lingua inglese restituisce alla sua più autentica vena tragica, da cui forse tante generazioni di italiani sono stati distolti per una recita troppo cantilenante. Ecco allora che il refrain popolare «O cavallina, cavallina storna, / che portavi colui che non ritorna» si dota nella ri-creazione di Heaney di un ritmo più franto, per il prevalere di parole mono o al più bisillabiche: «O little dapple-grey, my little mare, / Who brought the one back who comes back no more». Analogamente il lessico intensifica la dimensione luttuosa della poesia, anticipata fin dai primi versi, dove in Pascoli i pioppi del rio Salto «sussurravano», mentre nel rifacimento di Heaney «gave a sigh», diedero un sospiro, come se partecipassero a un dolore panico, che pervade dal principio i versi della Cavalla storna. Ma accanto al pathos Heaney vi scopre anche una tonalità perfetta, un'intonazione che ricorda il fascino incantatore di una ballata, racchiuso in quell'«alto nitrito» che «nel gran silenzio» della sera suggella il gesto della madre: «in that deep silence my mother raised a finger. / She spoke a name. A great neigh rang in anwer». Il lavoro che Heaney ha consacrato a Pascoli è di incalcolabile valore, donato a una poesia che, popolare in Italia, poco è conosciuta negli altri Paesi. Ora che un Premio Nobel lo ha magistralmente interpretato in una lingua tra le più diffuse, anche Pascoli potrà godere di quella fama che solo la grande poesia può legittimamente meritare.
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Università di Bologna, Convegno internazionale del Centenario Pascoliano, Bologna 2-4 aprile 2012

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