Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 01 aprile 2012 alle ore 08:18.

My24

So che è difficile crederlo, ma dopo tre serate e una maratona di quasi nove ore complessive di durata non mi sono ancora chiarito del tutto se The coast of utopia di Tom Stoppard sia una geniale costruzione artistica o soltanto un evento di richiamo. In questa possente trilogia l'autore inglese ci mette un po' di tutto, la lotta agli zar, l'emancipazione dei servi della gleba, le esuberanze sessuali degli oppositori, le balie, la tisi, l'amore universale, tanto che è difficile distinguere l'autentica ispirazione dalla pura abilità di scrittura.
Il suo testo, consacrato dai successi internazionali, è un continuo intreccio tra nobili ideali e furbi ammiccamenti alla platea: sembra insieme uno sceneggiato, una falsa commedia cechoviana, un falso dramma storico, un trattato politico, un compendio di gossip d'epoca, forse un grande romanzo mancato. Al centro dell'azione c'è un gruppo di intellettuali russi seguiti nelle loro attività rivoluzionarie e nei loro tormenti privati lungo un arco di trentacinque anni, dal 1833 al 1868, in una diaspora che passa dall'Italia alla Francia ai salotti londinesi.
I protagonisti del gigantesco affresco sono Michail Bakunin, l'anarchico sostenitore della distruzione come passione creativa, un amabile esaltato alla perenne ricerca di qualche rivolta inconcludente da guidare, il critico letterario Vissarion Belinskij, lo scrittore Ivan Turgenev, il poeta Nikolaj Ogarëv, ma soprattutto Aleksandr Herzen, il fautore delle riforme, l'infaticabile propugnatore di una trasformazione sociale non violenta. È attorno al suo pensiero e alla sua parabola esistenziale che si raccoglie il senso dell'intera opera. Attraverso le tre parti, «Viaggio», «Naufragio» e «Salvataggio» – la migliore, la più compiuta è la seconda, che ruota attorno alle barricate di Parigi –, si traccia infatti un itinerario dal sogno della redenzione socialista al suo amaro fallimento nel sangue, ma anche dalle luminose speranze della giovinezza alle disillusioni della vecchiaia, quando Herzen, dal suo esilio, scopre di essere ormai ignorato dalle nuove generazioni cresciute in patria, alle quali continua a rivolgersi da lontano.
Frattanto scrive, si confronta a distanza con l'ombra di Bakunin, deportato in Siberia – assunto evidentemente da Stoppard come la sua controparte dialettica –, e tira le fila di questa affascinante comunità di romantici cospiratori sempre pronti a fondare giornali clandestini e ad aderire a qualche stramba teoria filosofica. Ma subisce anche l'infedeltà e la morte dell'amata sposa Natalija, la perdita del figlio sordomuto, l'infelice relazione con la moglie dell'amico Ogarëv.
L'irrequieta intellighenzia – «un fenomeno unicamente russo: l'opposizione intellettuale considerata come una classe sociale», dice uno dei personaggi – discute i temi più elevati, la libertà, Rousseau, l'anima immortale. Ma il testo svela anche le emorroidi di Turgenev, mostra i difficili rapporti di Herzen con le bambinaie delle figlie, sparla di Marx, visto da tutti come un furfante. L'autore indulge, con una punta di snobismo, a mischiare i toni alti e i toni bassi, il sublime e il futile. E può capitare che questo risulti più serio di quello, e viceversa.
La regia firmata da Marco Tullio Giordana per gli Stabili di Torino e di Roma non scioglie i dubbi, anzi li acuisce: è patinata, elegantemente illustrativa. Sembra scorrere sul copione senza mai mettere a fuoco un concetto, un aspetto particolare. A volte la recitazione è così accelerata che si fatica a starle dietro. Il suo taglio cinematografico è ribadito dalla sofisticata macchina scenografica di Gianni Carluccio, che crea l'effetto di zoomate e cambi di inquadratura, mentre i bei costumi sono di Francesca Sartori ed Elisabetta Antico.
Nella folta distribuzione – una trentina di attori in tutto – spiccano alcune personalità di rilievo, Sandra Toffolatti, Roberta Caronia, Irene Petris, Fabrizio Parenti, Corrado Invernizzi. Ma a reggere il peso di gran parte dello spettacolo è il poderoso exploit interpretativo di Luca Lazzareschi, che – alle prese con la figura di Herzen, coi suoi densi monologhi, con le sue accese argomentazioni – compie anche un immane sforzo fisico e mnemonico, al quale è doveroso rendere omaggio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
The coast of utopia, di Tom Stoppard, regia di Marco Tullio Giordana, Torino, Teatro Carignano, oggi ultima replica. A Roma, al Teatro Argentina, dal 10 aprile

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi