Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2012 alle ore 10:36.

My24
Giovanni Pascoli (Olycom)Giovanni Pascoli (Olycom)

In occasione del centenario della morte di Giovanni Pascoli, che cinquantasettenne chiuse gli occhi a Bologna il 6 aprile 1912, c'è in programma un fitto calendario di eventi celebrativi (che può essere rintracciato nell'apposito sito internet centenariopascoli.it). In concomitanza con l'anniversario, il viso baffuto del poeta inizierà a circolare impresso su una moneta da 2 euro che l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato – onore riservato a pochissimi – ha voluto dedicargli. Ma già i programmi scolastici, ben prima dell'attuale conio della moneta pascoliana, avevano intrappolato il poeta di San Mauro di Romagna in un medaglione bronzeo tutto sommato ben poco attraente.

Nei ricordi dei più, derivanti dal tempo passato fra i banchi, Pascoli è legato a un pugno di immagini salvate da una remota sfogliata dell'antologia. La cavallina storna, che portava "colui che non ritorna"; la rondine caduta tra spini che "aveva nel becco un insetto: / la cena de' suoi rondinini"; qualche scena campestre non troppo lieta; la parola "fanciullino"; il tema del "nido" con il corollario dei rapporti morbosetti con la sua famiglia d'origine, in particolare per quanto concerne i legami tra il poeta Zvanî e la sorella Mariù. In definitiva, il piccolo fardello di ricordi scolastici legati a Pascoli, rimanderebbe a un orizzonte di versi smielati, dolciastri, con la lacrimuccia sul ciglio e un discreto corredo di noia, versi più volti all'ultimo scorcio dell'Ottocento che proiettati in un Novecento poeticamente meno ingessato. Eppure si tratta di un'immagine distorta e largamente riduttiva.

A dispetto della grande e longeva celebrità del poeta, molti aspetti anche centrali della produzione di Pascoli sono rimasti piuttosto in ombra, perlomeno al di fuori delle cerchie degli specialisti e dei lettori più colti. È il caso anche della raccolta più nota, "Myricae". Nonostante la scelta di temi un rigo sotto, fin dal titolo che allude alle "umili tamerici" che appaiono in un verso virgiliano, nonostante il suo sguardo sempre rivolto alla cultura classica e la profonda conoscenza professorale della storia poetica patria, la penna di Pascoli trita già nei componimenti raccolti in "Myricae" la compostezza del verso "ben fatto" della tradizione italiana, preferendo un andamento frammentario, la spezzatura della frase, l'ellissi, l'uso di vocaboli umili che mai avevano calcato i marmi dell'accademia, la frantumazione della struttura delle singole poesie con cesure ed enjambements, senza contare che il frequente uso di allitterazioni e assonanze si spinge fino a un'irruzione di onomatopee e "suoni" ("scilp", "vitt", "dib dib bilp bilp", "chiú") che precorrono successive avanguardie.

Altrettanto moderno, e distantissimo dal monumento polveroso e un po' muffito eretto al Pascoli nelle aule scolastiche, è il poemetto "Italy", nelle cui terzine si rincorrono fino al cortocircuito la lingua italiana, l'inglese corretto e l'italoamericano storpiato degli emigrati. Un po' meno assenti negli ultimi decenni dalle antologie per gli studenti sono invece poesie come "Il gelsomino notturno" e "Digitale purpurea" così poco passatiste che, scritte negli stessi anni in cui Sigmund Freud andava elaborando le sue teorie, celavano un doppiofondo pruriginoso in cui la critica psicanalitica ha trovato una rilevante vena aurifera per i propri studi.

Un Pascoli piuttosto sconosciuto al di fuori di una piccola platea si nasconde anche nei "Poemi conviviali". Questa raccolta è gravata dal giudizio dato a naso un po' storto da molti critici, che vi hanno trovato un sovrappiù di estetismi linguistici e un deficit di ispirata genuinità, costretta a cedere il passo ai diktat di un'esteriore eleganza ellenistica. Giuseppe Prezzolini, che non amava particolarmente il poeta romagnolo, scrive nella sua "Storia tascabile della letteratura italiana" che Pascoli, "delicatissimo e nello stesso tempo prezioso, spontaneo eppure guastato da riflessioni artificiali, è un grande poeta impressionista: tolto dal suo piccolo mondo immediato, la caduta nelle sottigliezze e negli arzigogoli gli è facile. Ma, dappertutto, è artista squisito e raffinato fino al decadentismo". Eppure, nonostante una certa fondatezza delle riserve espresse da molti sui "Poemi conviviali", per una conoscenza più completa di Pascoli è interessante fare con lui anche una gita fuori porta, allontanandosi dal "suo piccolo mondo immediato" e addentrandosi anche in questi componimenti che ricalcano, attraverso una sua lente personale e moderna, le orme della poesia greca e orientale. Poesia che in qualche modo è peraltro non del tutto estranea al "suo piccolo mondo immediato", data la frequentazione che Zvanî ebbe per tutta la vita con i classici.

Al proposito non si può non pensare al Pascoli più dimenticato, quello dell'ampio corpus delle poesie in latino a cui dedicò molte delle sue energie e che furono poi volte in italiano da Manara Valgimigli. Premiato nel 1892 con la medaglia d'oro al prestigioso Certamen Hoeufftianum di Amsterdam, e poi vincitore di una slavina di altri primi posti nella stessa competizione per la poesia in latino, Pascoli non si limitò a rimasticare in versi le sue letture dei classici, né si esercitò in un'arida attività da bricoleur combinando lacerti di passi antichi, ma riuscì a insufflare abbastanza vita in una lingua morta da essere stato ampiamente riconosciuto come il massimo autore in latino dell'età moderna.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi