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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2012 alle ore 08:21.

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Nel 2001, quando Barcode dell'olandese Adriaan Lokman vinse il "Gran Premio al Festival di Annecy", molti ritennero che fosse il canto del cigno dell'animazione astratta. Ma erano coloro che non conoscevano ancora Bärbel Neubauer.
Eppure questa riservata artista austro-tedesca aveva già sigillato il Novecento con Feuerhaus (1998), dove immagini velocemente ritmiche di foglie e pietre, a volte di steli e di vene vegetali, sono collegate a una musica non meno ritmica. Era ancora il tempo della pellicola e del lavoro diretto su pellicola. Come Man Ray, Norman McLaren, Laszló Moholy-Nagy.
Nel 2000 comincia l'avventura delle Cgi, le computer generated images. Un cambio naturale come accade a pochi; e nel 2004 ecco la quadrilogia Flockenspiel I - IV, uno "spettacolo di fiocchi" e di immagini inimmaginabili, di iridi e perle, sfumature e geometrie, combinazioni fra suoni e movimenti. Flockenspiel è un passo del cammino dal film-making verso le arti visive. Non a caso, nello stesso periodo l'autrice inizia a creare ed eseguire danza, e a fare installazioni. A cura di Pier Giorgio Giraudo e Massimiliano Bisazza, approda ora a Milano, nel quadro di Arte Accessibile, il vero capolavoro (quanto meno a tutt'oggi) di Bärbel Neubauer: Fractal Cycles. Un film d'animazione astratta digitale, ipnotizzatrice, tanto che i suoi 36 minuti passano come un volo.
Usando il software ArtMatic, l'artista ha fatto amicizia con i frattali, questi «oggetti geometrici che si ripetono nella loro struttura allo stesso modo su scale diverse», come recita Wikipedia. Questo strumento intellettuale va dalla botanica alla cristallografia alla geometria alla matematica, alla medicina, geografia, musica, fotografia. I frattali dal 1975 invadono il nostro immaginario collettivo nonché una sezione della creazione: la Fractal Art. Anche se è fondamentalmente un'esplorazione nel vagare della mente, il film è tutt'altro che un accumulo di accidentalità: ha un'ossatura di tipo sinfonico, che evoca forme mai udite, musiche mai viste, vegetali e magmi.
All'inizio abbiamo una sfera che si moltiplica, primo segnale che rivela la natura frattale del film. Nelle ultime sequenze, nuovamente, lo spettatore è invitato a riconoscere quelle visioni. Il viaggio nell'universo del colore e delle sue metamorfosi trova un (temporaneo?) rassicurante ritorno. Fractal Cycles trasmette imponenza e allo stesso tempo gioia, cupezza, sogno: un monumento cinetico all'astrattismo.
Resta la bellezza, la più difficile da maneggiare tra le categorie estetiche. Il film ne è colmo, e il rischio del decorativo e del lezioso è in agguato.
Ma, anche qui, c'è il lieto fine: appena nello spettatore albeggia il sospetto di decorativismo, con un sussulto la Neubauer cambia passo, e inventa una bellezza differente.
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bärbel al sole
Ultimo giorno utile oggi per vedere «Fractal Cycles» nell'ambito della manifestazione «Arte accessibile», (www.arteaccessibile.com), a cura di Pier Giorgio Giraudo e Massimiliano Bisazza, fino a oggi presso il palazzo del Sole 24 Ore (Via Monte Rosa, 91 Milano).
Il film è proiettato in loop tutto il giorno e nel pomeriggio Bärbel Neubauer sarà presente nella sezione video
«VT IS NOT TVA»

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