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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2012 alle ore 19:05.

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Cosa avreste fatto se un collega vi avesse raccontato di avere scoperto una colla che non incolla? Dopo una consolatoria pacca sulla spalla, lo avreste probabilmente invitato a candidarsi per l'IgNobel (il riconoscimento per gli studi "scientifici" più stupidi. A meno che non aveste avuto l'hobby di cantare nel coro della chiesa. E soprattutto se ogni domenica non vi fosse capitato di affrontare il solito inconveniente: cercare frettolosamente i canti da eseguire tra le pagine del libro da cui, drammaticamente, si sono sfilati (anche questa volta!) tutti i pezzi di carta inseriti a mo' di segnalibro. «Non so se a causa di un sermone noioso o di un'epifania – racconta Arthur Fry – ma quel giorno pensai a come risolvere questo inconveniente».

Era nata l'idea del Post-it, i foglietti appiccicosi ma non troppo, tali da restare attaccati a pagine di un libro (e molto altro) senza rovinarle. La 3M che li produce a St. Paul in Minnesota, ha oggi 55mila differenti prodotti, circa uno per impiegato. Questo anche grazie all'istituzionalizzazione del processo di scoperta di Fry: gli spazi architettonici della 3M (ma anche di Pixar e di Google), per esempio, sono progettati affinché le persone, preferibilmente diverse tra loro per mansione e competenze, si imbattano di frequente con altre persone, così che il loro contatto o, meglio, la "frizione" tra loro, provochi "scintille". Ogni storia dietro a una nuova idea è diversa, ma ogni creazione è uguale: «Non c'era niente; ora c'è qualcosa. È come una magia». Una magia i cui segreti intende svelare Imagine. How creativity works, il nuovo libro di Jonah Lehrer, attraverso il resoconto di esperimenti neuroscientifici e storie esemplari; da Bob Dylan, al citato Arthur Fry, da Keith Richards a Milton Glaser, da Yo Yo Ma e Clay Marzo (impareggiabile surfista con sindrome di Asperger, non perdetevi la sua storia). Cosa accadde dunque ad Arthur Fry in quel preciso momento in chiesa? E Nel cervello di Bob Dylan (questo il titolo del primo capitolo) quando, di getto, in pochi minuti, scrisse Like a Rolling Stone?

I momenti di rivelazione (insight) funzionerebbero più o meno così. Ci si imbatte in un problema che ci ossessiona. Si analizzano tutte le possibili soluzioni. Frustrati, dopo averci davvero provato ostinatamente (è decisivo) ci si blocca. Non si vede via d'uscita. Si abbandona. Si pensa ad altro. Passa di mente. Ci si rilassa con una doccia calda o, ancora meglio, sognando a occhi aperti, oppure passeggiando, pedalando, correndo (se non lo sapevate, il sudore agisce da lubrificante del cervello, e a quanto pare anche la marijuana). Ed ecco… «Aha!». Semplice e inesorabile. La soluzione giusta. Finalmente rilassati avete messo a tacere l'emisfero sinistro (in particolare l'area prefrontale dorsolaterale), che fino a quel momento aveva legittimamente cercato in modo analitico e coscienzioso (serve a questo) la soluzione senza vederla. Non è infatti quello il suo territorio. Il colpo di genio necessita piuttosto dell'attività dell'emisfero destro e di una specifica area di esso: il giro superiore temporale anteriore, una piccola piega di tessuto un po' sopra l'orecchio (chi ce l'ha lesionata non capisce le barzellette e le metafore).

Quest'area si attiva intensamente pochi secondi (8 per l'esattezza) prima dell'epifania. È la lampadina di Archimede del cervello che illumina il collegamento tra la colla che non incolla e il segnalibro che resta al suo posto. È Like a Rolling Stone che viene «vomitata» (l'espressione è autobiografica) da Bob Dylan quando egli stesso aveva già deciso di abbandonare per sempre la scena. Il colpo di genio è inoltre anticipato dalla produzione di onde Alpha, che sono appunto indotte da attività rilassanti. E che vengono soppresse da caffeina, amfetamine, Ritalin, cocaina e altri stimolanti, cioè da quanto – e apparirà paradossale – migliori la concentrazione! Infatti essere concentrati sui dettagli è esattamente quello che non vogliamo, quando occorre trovare nuove relazioni tra elementi distanti tra loro.

Uno studio mostra che disattivare selettivamente la corteccia dorsolaterale prefrontale attraverso una stimolazione magnetica transcranica rende i soggetti del 40 per cento più efficaci nel risolvere puzzle creativi. Sorprendente, se si considera che, da uno studio di «Nature», il 20 per cento degli scienziati fa uso di droghe per migliorare le prestazioni intellettuali che agiscono fornendo proprio a quell'area una maggiore disponibilità di Dopamina. Come dire, puoi anche lavorare per otto ore filate ma difficilmente scoprirai qualcosa di nuovo.
Le vie della creatività così come quelle delle connessioni neurali sono infinite. E Lehrer conclude candidamente che «nonostante gli studi intelligenti e gli esperimenti più rigorosi, il nostro più essenziale talento mentale resta un mistero». In verità gli studi e gli esperimenti cui si riferisce non sono molti, e pochi quelli rigorosi. Le neuroscienze della creatività sono perlomeno immature, e nello specifico non tali da sostenere il peso dell'intero libro, che sta in piedi più per il seducente talento divulgativo dell'autore che per l'evidenza scientifica disponibile.

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