Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2012 alle ore 08:15.

My24

Protagonista, antagonista e un conflitto: da quando esiste la narratologia sappiamo che, grosso modo, sono questi gli ingredienti indispensabili a far decollare una trama. Semplificando ancora un po', ci chiediamo se esista, in "natura", una potenziale struttura narrativa migliore del matrimonio, luogo privilegiato di tensioni e scontri. E quindi di romanzesco. L'Ottocento – secolo in cui tale istituzione della borghesia ha regnato sovrana – l'aveva capito bene. È questa, infatti, una delle tesi portanti del bellissimo, recente romanzo di Jeffrey Eugenides, La trama del matrimonio (Mondadori) che rimanda alla Austen, a Balzac, a Flaubert, per ironizzare, a tratti con sana ferocia, su alcune mode culturali di fine Novecento, semiotica in testa, e su alcuni capofila delle medesime, considerati a lungo dei maestri di pensiero, da Barthes a Derrida. (In questa pagina ne da resoconto Luigi Sampietro.) Già, ma se in un matrimonio il conflitto non esiste? Se davvero tutte le famiglie felici si assomigliano, come si dice in Anna Karenina, se fanno massa e non interessante peculiarità, un matrimonio felice è davvero irraccontabile? Forse basta solo convenire sull'accezione della parola "felicità", per quanto l'impresa possa non essere rapida. Sigmund Freud direbbe che si tratta solo di assenza di dolore, di sollievo momentaneo dalle inesorabili fatiche dell'esistenza, ma, com'è noto, non era un bontempone. Comunque, potrebbe aiutare nella messa a punto del termine in oggetto la lettura comparata di due romanzi assai diversi fra loro: E ti ho sposato di Lily Tuck e Un matrimonio in sospeso di Ada Leverson.
Scrittrice americana con forti radici nella cultura europea, Lily Tuck si avventura nel racconto di quello che ormai è diventato "anormale": un'unione lunga e serena, dove hanno vinto la complicità e la comprensione, dove il sesso è stato bello fino all'ultimo, dove la dolcezza si è imposta sul rancore, la delusione, la noia. È accanto al marito morto all'improvviso per arresto cardiaco che Nina, la protagonista, si sdraia per far affluire alla memoria i tanti frammenti della loro vita insieme. Non c'è dolore, non c'è strazio, solo il conforto di una memoria ricca di un legame forte, dentro al quale, però, si sono sdipanati anche tradimenti, bugie, depressioni, irrisolutezze. Da parte di entrambi. Entrambi sono stati numeri primi, per dirla con il mestiere di Philip – un professore di matematica –, entrambi hanno affrontato le loro solitudini, le inquietudini. Forse il segreto di quell'unione, per proseguire nella suggestione metaforica, è stato il ricorso all'insiemistica: mettere in comune e tenere ferme, riconoscere, tollerare, perfino amare le differenze. Senza troppi sogni di simbiosi. E pazienza se è stata necessaria qualche bugia, no, qualche omissione di verità, anche drammatica.
La scrittura della Tuck è elegante, precisa, capace di rimanere sulla soglia delle emozioni e del non detto. Quasi ostentatamente controllata. Provocatoria, quindi, di fronte all'abitudine, alla convenzione dell'oggi, a dirsi tutto, per amor di melodramma e distruzione. Mai dirsi tutto, per carità.
Reticente con dignità e forza tutta muliebre di fronte all'ebete narcisismo del marito è anche l'intelligente, spiritosa, lieve, protagonista di Un matrimonio in sospeso (in libreria a fine mese), di Ada Leverson. Scrittrice brillante, amica di Wilde e di Somerset Maugham, la Leverson aveva già ritratto l'improbabile coppia di Edith e Bruce Ottley in Amori e malintesi, primo atto del loro matrimonio sbagliato. Ora, Edith si ritrova di fronte alla frivolezza, mondana e sentimentale, del marito, ma stavolta decide di concedersi un corteggiatore, un amore che minaccia ogni sua certezza borghese. Intanto Bruce è sempre più vacuo e vanesio, non troppo diverso, comunque, dal demi-monde che lui tanto ambisce a frequentare. A questo punto, la Leverson, solcando la migliore tradizione anglosassone della satira sociale, ne approfitta per delineare alcuni personaggi davvero esilaranti; prima fra tutte Lady Everard, attempata snob con l'ossessione, comicamente denegata, del controllo mondano. Come risponderà Edith alla dura legge delle convenzioni sociali? Di sicuro senza soverchi piagnistei. Forse i figli valgono più del suo cuore. Di sicuro più del suo matrimonio. Ma il vero scandalo a cui assiste il lettore, è il suo raziocinio, anzi il suo buon senso. Il romanzo è del 1912, e ancora può parlare ai tanti che si sposano e si separano senza pensarci troppo, prima e dopo. E dire loro, con grazia e saggezza, che alcuni silenzi sono più decisivi di tante parole. In tal modo, per esempio, l'antagonista potrebbe restare a galleggiare come un sedano nel suo brodino sciapo. Auguri a tutti gli sposi di primavera...
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lily Tuck, E ti ho sposato, traduzione
di Manuela Faimali, Bollati Boringhieri, Torino, pagg. 204, € 16,00
Ada Laverson, Un matrimonio in sospeso, traduzione di Clementina Liuzzi e Daniele Parisi, Astoria,
Milano, pagg. 210, € 16,00

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi