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Questo articolo è stato pubblicato il 02 maggio 2012 alle ore 16:32.

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David ChipperfieldDavid Chipperfield

Architetti, lasciate a casa Narciso e raccontateci quali sono le vostre preoccupazioni e i vostri dubbi. Collaboriamo per creare un nuovo rapporto con la società. «Cerchiamo di capire come il lavoro degli architetti incide sulla società, al di là dei personali percorsi professionali. Raccontate le vostre ansie, non mostrare solo le vostre glorie».

Lasciate in un cassetto i vostri landmark e portate un vostro contributo personale alla definizione di un programma innovativo che dimostri che l'architettura è una disciplina collettiva. Così il britannico David Chipperfield, classe 1953, direttore della XIII Mostra di Architettura della Biennale di Venezia ha illustrato oggi a Roma, nella sua prima conferenza stampa organizzata alla Facoltà di Architettura di Valle Giulia, il programma della kermesse che andrà in scena dal prossimo 29 agosto nella città lagunare.

«Negli ultimi 15-20 anni si registra una spropositata produzione di opere di architetture: musei, stazioni, aeroporti, che considerati singolarmente sembrerebbero dimostrare l'eccellente stato di salute dell'architettura contemporanea. Ma il restante 99,9% del costruito, basta guardare le nuove case o gli spazi pubblici, – ha spiegato Chipperfield – è inqualificabile».

La Biennale di Venezia ha affidato a Chipperfield la cura della prossima mostra. «Si tratta di una personalità che coltiva una visione molto intensa dell'architetettura come prassi – ha dichiarato Paolo Baratta, presidente della Fondazione -. Ci è parso importante uno sguardo proiettato all'interno della stessa disciplina che sappia identificare la trama delle connessioni, il dialogo tra generazioni». Il tempo presente e le vicende che interessano l'economia internazionale suggeriscono ripensamenti e riconsiderazioni, «ecco allora la necessità di ricomporre l'identità dell'architetto di fronte all'uso spesso scomposto e deformato che si è fatto della sua arte».

Per Baratta l'architettura è l'arte dell'organizzazione dello spazio che condividiamo. «È l'Artemide – ha spiegato - che metamorfizza la proprietà privata in bene pubblico».

Il tema della XIII Biennale di Architettura è ‘common ground', ciò che abbiamo in comune. L'ambizione del direttore è quella di riaffermare l'esistenza di una cultura architettonica costituita non solo da singoli talenti ma anche da un ricco patrimonio di idee differenti, riunite in una storia comune, in ambizioni comuni, in contesti e ideali collettivi. Chipperfield ha invitato una cinquantina di architetti, comprese le star, da Renzo Piano a Zaha Hadid, da Peter Zumthor a Cino Zucchi. Ciascuna di loro ha poi coinvolto altri artisti e specialisti: oggi gli invitati superano il centinaio. «Con tutti loro devo negoziare – ha raccontato il direttore -. Voglio mettere in scena un lavoro teatrale dove i partecipanti sono gli attori che vogliono recitare la loro storia ma entro un limite ben definito dal tema».

Chipperfield presenterà quindi 58 progetti realizzati da architetti, fotografi, artisti, critici e studiosi. Alla prossima Biennale parteciperanno 55 paesi di cui cinque nuovi (Angola, Repubblica del Kosovo, Kuwait, Perù e Turchia). Tutti, "tranne l'Italia e un altro paese" ha specificato Baratta, hanno scelto il curatore del padiglione nazionale. Il ministero dei Beni culturali ha confermato che entro pochi giorni riuscirà ad annunciare il nome di chi guiderà la sezione italiana: al momento si conosce solo la rosa dei nomi invitati a presentare delle proposte di tema e allestimento (si veda il sito di Progetti e concorsi del Sole 24 Ore).

Baratta ha colto l'occasione della conferenza stampa dedicata ai giornalisti italiani per lanciare un appello per la qualità nel nostro Paese. «In Italia abbiamo la più importante mostra internazionale di architettura ma non sappiamo esprimere una domanda di architettura – ha dichiarato il presidente della Fondazione veneziana -. Sappiamo farlo per la moda, il gusto e l'arredamento ma generalmente non si sa esprimere una domanda qualificata da parte della committenza».

Serve un'inversione di tendenza da parte degli architetti ma anche della cultura collettiva. «Gli architetti - ha ribadito Chipperfield - non sono come i profumi nel duty free di un aeroporto, non sono star indipendenti l'uno dall'altro. Sono figure capaci di dialogare, che si influenzano reciprocamente e che possono mettere in comune le loro idee».

Chipperfield dopo l'estate inaugurerà a Milano il nuovo museo Città delle culture.

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