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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2012 alle ore 08:17.

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Poche settimane fa una notizia apparsa sul sito «Practical Ethics» dell'Università di Oxford ha scosso il mondo culturale. Vi si anticipava il contenuto di un articolo in corso di stampa su «Science», in cui si presenteranno i risultati di un rivoluzionario esperimento neuroscientifico: usando un nuovo tipo di scanner cerebrale è stato infatti possibile localizzare con precisione, nella corteccia prefrontale, la sede del libero arbitrio, e ciò permetterà di determinare con chiarezza i processi causali che conducono alle azioni libere. Si avvicina dunque il momento in cui la scienza risolverà il venerando problema del libero arbitrio.
O forse no. La notizia è infatti apparsa il primo di aprile: era insomma un "pesce". Pochi giorni dopo, sullo stesso sito l'autore della burla, Simon Rippon, ha chiarito che la sua era una provocazione contro autori come Sam Harris e Jerry Coyne secondo cui le neuroscienze possono provare l'esistenza, o la non esistenza, del libero arbitrio. Un progetto, scrive Rippon «ridicolo e confuso», perché il libero arbitrio è un profondo problema filosofico ed essenzialmente filosofico. Ma ha ragione lui o hanno ragione i neuro-entusiasti come Harris e Coyne? In realtà, hanno torto tutti. Da una parte è vero che il problema del libero arbitrio non può essere risolto dalle sole neuroscienze; ma le neuroscienze possono comunque portare un contributo molto importante alla chiarificazione del problema. Che le neuroscienze da sole non possano risolvere la questione è chiaro per varie ragioni. Eccone un paio. È molto controverso quale sia il modo corretto di concepire il libero arbitrio: c'è chi ritiene che esso riguardi in primo luogo la capacità di scegliere, chi soltanto il nostro agire; chi pensa che presupponga la causalità deterministica, chi quella indeterministica; chi lo ritiene condizione necessaria della responsabilità morale e chi lo nega; e così via. Soltanto l'analisi concettuale può sciogliere questi dilemmi, chiarendo la natura del libero arbitrio: e un tale chiarimento è ovviamente presupposto di ogni (presunta) «soluzione empirica» del problema. Inoltre non pochi neuro-entusiasti argomentano che il libero arbitrio è un'illusione in quanto tutte le nostre azioni sono causalmente determinate da eventi cerebrali. Peccato che moltissimi filosofi, i cosiddetti "compatibilisti" (come Leibniz, Locke, Hume o Dennett), abbiano argomentato che la causalità deterministica non impedisce affatto il libero arbitrio, anzi ne è condizione di possibilità. Per questi filosofi un'azione è libera se discende da una volontà libera da costrizioni esterne e da compulsioni interne: ma se tale volontà è invece determinata non è affatto un problema (quando voglio mangiare una mela, e lo faccio, la mia azione è libera anche se la mia volontà è determinata). Per mostrare che il libero arbitrio non esiste, allora, non basta provare che le nostre azioni sono determinate neurofisiologicamente; bisogna anche confutare la concezione compatibilistica del libero arbitrio.
Ma non è vero solo che, per indagare il libero arbitrio, la scienza ha bisogno della filosofia; è vero anche il contrario. Ad esempio, quando i compatibilisti sostengono che le nostre azioni libere sono causalmente determinate, contraggono un particolare impegno empirico che solo la scienza può confermare; e lo stesso fa, in modo speculare, chi pensa che il libero arbitrio presupponga l'indeterminismo. È vero che esistono anche concezioni filosofiche prive di presupposti empirici, come quella di Kant, il quale collocava il libero arbitrio nel mondo dei noumeni (che per definizione non può essere indagato dalla scienza); ma oggi anche molti neo-kantiani pensano che la grande sfida sia quella di armonizzare le concezioni filosofiche con i risultati della scienza. Insomma: si può star certi che per molto tempo ancora il problema del libero arbitrio si presterà ai pesci d'aprile.
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conferenze
Dal 9 all'11 maggio si terrà all'Università di Padova, a cura di Andrea Lavazza e Giuseppe Sartori, il quarto Convegno sulla neuroetica, dal titolo «Le neuroscienze tra spiegazione della vita e cura della mente». Tema inaugurale il libero arbitrio, con Mario De Caro, Giuseppe Sartori, John-Dylan Haynes, Alfred Mele, Adina Roskies e Derk Pereboom. Seguiranno sessioni sui tentativi di naturalizzazione della morale, lo studio scientifico dei legami affettivi, il nesso tra neuroscienze e psicoterapia. Info: neuroetica.psy.unipd.it.
«Cervello, colpa e pena» è il titolo del XIII ciclo di conferenze settimanali pensato da Fiorenzo Conti (Università Politecnica delle Marche) su Scienza e Filosofia che apre il 10 maggio ad Ancona (Rettorato dell'Università, ore 18). Con Gilberto Corbellini, Pietro Pietrini, Amedeo Santosuosso, Paola Belloli, Cinzia Caporale e Armando Massarenti. http://bit.ly/IFNM9i

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