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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2012 alle ore 08:18.
E bravo Wim Vandekeybus: ha inaugurato «Fabbrica Europa» e con la sua compagnia Ultima Vez sarà, in giugno, alla Biennale Danza 2012. Quando questo irruente e fascinoso fiammingo del '63 – che è danzatore, coreografo, regista, film-maker e pioniere di un conflittuale stile di movimento anni Ottanta – si cala in scena con i suoi ballerini, come a Firenze, la differenza si percepisce. Wim luccica. Nell'Oedipus/Bêt Noir, pièce del 2011, è lo sventurato Edipo della tragedia di Sofocle (riscritta da Jan Decorte). In gonnellina kaki, alimenta la frenesia dei tebani danzanti; recita con Giocasta, Tiresia e il servo di Laio; segue i ritmi altalenanti di tre musicisti dal vivo, ad esempio per portarsi in spalla la regina con un gesto alto che indica la sua corona. Intanto su di un magnifico ed enorme cerchio intrecciato di variopinti pezzi di stoffa – forse il monte Citerone – si arrampicano i più giovani, inclusa una figurina dalle gote gonfie di palline. Tiresia vorrebbe estrarre dal suo corpo sacro anche le viscere, quasi per estirpare la peste che affligge Tebe. Sin dall'inizio la misteriosa piaga è mutuata da un gran movimento: a chi resta a terra, inerme, è praticato ogni soccorso; la vita torna ma se ne va, tra gli ammiccamenti sensuali di Edipo e Giocasta e quell'irrefrenabile gioventù del re che lo fa correre a perdifiato con i suoi sudditi e figli/fratelli, lo fa accapigliarsi e aggrovigliarsi, sino a un gioco limite. Preso al cappio, a testa in giù e penzoloni, provoca la caduta dal cielo di una marea di scarpe e scarponcini. Il dramma decolla qui, con una curiosa citazione autobiografica per il coreografo/interprete che ha fatto delle calzature robuste la griffe della sua stessa danza. Qui hanno inizio anche i flash back, quasi cinematografici, e senza trasgressioni. Sofocle impera: anche se il vecchio Laio è un musicista anziano dalla giacca hippie, viene colpito dalla scarpa di Edipo penzoloni (ovvero ucciso), indi giace con Giocasta e dalla loro unione nasce, secondo l'oracolo, un figlio morto: un pezzo di carne fatto a fettine. Quando finisce il ricordo tinto di rosso, si punta a cacciare da Tebe il già appeso, l'individuata bestia nera dopo una lotta furibonda di tutti contro di tutti. Giocasta raccoglie le scarpe e le dispone in cerchio, una giovane cava gli occhi a Edipo e tutto trema mentre una luce bassa e sinistra oscilla sull'intero palcoscenico del Teatro della Pergola. Ma ecco un neonato che gattona, – e siamo tornati ai flash back – mentre il se stesso, diventato grande e incestuoso, se ne va con Antigone, figlia, sorella e qui anche amante. C'è un rito ripetuto tre volte nell'ingegnosa pièce: lo scatto delle foto di famiglia. Se l'ultima immortala Creonte, il nuovo re di Tebe, la prima si schiudeva nel sorriso ammaliatore di Wim/Edipo e della sua moglie e madre. Tra costumi regali e tribali e sonorità esaurienti, la "bestia nera" ci viene incontro senza troppi arzigogoli psicologici, con la franchezza di una danza istintiva, sempre in levare, non priva, tra musica e recitazione, di sensuale o torbida poesia.
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Oediphus/Bêt Noir, Ultima Vez, Fabbrica Europa, sino al 13 maggio; Booty Looting, debutto mondiale
alla Biennale Danza, Venezia,
23-24 giugno