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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2012 alle ore 21:35.

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Pubblichiamo l'articolo pubblicato sul Domenicale del 31 agosto 2008 in cui Carlos Fuentes nel suo romanzo Il trono dell'aquila immagina un Messico che può comunicare solo per lettera. E da un amore favoleggiato nasce una brillante carriera politica

Tu, amore mio, hai il vantaggio della vera bellezza meticcia. Quella pelle dorata, color cannella, che tanto dona al messicano con lineamenti fini, profilo dritto, labbra sottili e capigliatura languida. Ho osservato come le luci giocavano sulla tua testa, dando vita propria a una bellezza maschile che spesso, ahimè, nasconde solo un immenso vuoto mentale. Mi è bastato parlare con te qualche minuto per rendermi conto che eri tanto bello fuori quanto intelligente dentro. E per di più hai una fossetta sul mento. Sarò sincera con te: sei anche molto immaturo, molto ingenuo. Un allocco, come dicono dalle mie parti. Guardati. Conosci tutte le parole talismano. Democrazia, patriottismo, regime di diritto, separazione dei poteri, società civile, rinnovamento morale. Il pericolo è che ci credi. Il guaio è che le dici con convinzione. Mio tenero, adorabile Nicolás Valdivia. Sei entrato nella foresta e vuoi uccidere i leoni con il fucile scarico. Me lo ha detto il ministro Herrera dopo aver parlato con te: «Questo ragazzo è estremamente intelligente, ma pensa ad alta voce.
Non ha ancora imparato a fare le prove di quello che dirà in seguito. Dicono che scrive bene. Ho letto i suoi articoli sui giornali. Non sa ancora che fra il giornalista e il funzionario può svolgersi solo un dialogo tra sordi. Non perché io, ministro, non legga l'editorialista e non mi senta lusingato, indifferente o offeso dalle sue parole, ma perché, per il politico messicano, è regola d'oro non lasciare niente di scritto e ancor meno commentare le opinioni espresse su di sé».
Mi viene da ridere!(...)

Il Messico è macchiato di fiumi insanguinati, solcato da burroni funebri e disseminato di cadaveri insepolti. Adesso che debutti in politica, mio bello e desiderabile amico, non perdere mai di vista quel desolato panorama dell'ingiustizia che è la sacra scrittura delle nostre terre latinoamericane. Il segreto prevale, è vero, ma basta una rivelazione per trasformare la boriosa impunità di un governatore o di un presidente in vergogna collettiva che il cinismo del potente non riesce a soffocare.Niente avrebbe potuto prepararmi a una svolta radicale come quella che oggi ci dà il benvenuto nel Nuovo anno. Se non funzionano più i sistemi di comunicazione, se non c'è telefono, né fax, né email, né il misero telegrafo di un tempo, dannazione, né i piccioni viaggiatori (tutti avvelenati come per stregoneria) e ci rimangono solo i segnali di fumo degli indiani tarahumaras che agitano le loro coperte a colori, e tutto questo succede non per il cambio di millennio, come allora si temeva – il passaggio del calendario dal 1900 al 2000 – ma per questo strano pseudo-palindromo dell'anno in corso, ti confesso che la mia vita cambia più di quanto io riesca a reggere, facendomi sprofondare in uno stupore dal quale, come sempre, traggo la forza per dirmi: «María del Rosario, ascolta il tuo amico Xavier Zaragoza, detto Seneca, il consigliere aulico del presidente Lorenzo Terán, quando dice che, in mancanza di tutti gli orpelli e le ostentazioni di questo mondo traditore, l'asso vincente, la carta nascosta nella manica, può davvero essere quella che tutti disprezzano considerandola illusoria e poco pratica: la figura nobile che con la propria dignità redime l'abiezione di tutti gli altri. L'uomo puro che forse salverà il sistema».

Sei tu quell'uomo, Nicolás Valdivia? È così sbagliato da parte mia pensarlo? Si è indebolito a tal punto il mio famoso intuito? La politica quotidiana mi ha reso così afasica che la metà del mio cervello – la metà morale – non funziona più? O sei tu, mio bell'amico, a farla miracolosamente rivivere? Insomma, se la regola della discrezione diventa impossibile, forse quelle dell'ipocrisia, della corruzione e della menzogna svaniranno con lei. Quindi farò di necessità virtù e mi concederò, con assoluta imprudenza, all'indiscrezione. Questa lettera che ti scrivo, Nicolás Valdivia, ne è la prova. (...) Ti metterò alla prova giorno dopo giorno. La ricompensa dipende da te. So che ti basterebbe il mio affetto carnale per sentirti soddisfatto. Io ammetto di desiderare il tuo corpo, ma ancora di più il tuo successo. Il sesso può essere immediato e poi risolversi in una triste e insoddisfacente sveltina. La fortuna politica è invece un lungo orgasmo, mio caro. Il successo deve essere mediato e lento ad arrivare per essere duraturo. Un lungo orgasmo, mio caro. Apri le porte, piccolo mio, a una a una. L'ultima soglia è quella della mia stanza da letto. L'ultimo catenaccio, quello del mio corpo. Nicolás Valdivia, sarò tua quando sarai presidente del Messico. E te lo assicuro, farò di te il presidente del Messico. Te lo giuro sulle mie dita incrociate. Per la santissima Vergine di Guadalupe, te lo prometto solennemente, amore mio.

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