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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2012 alle ore 14:20.

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A Siracusa con il Prometeo va in scena il festival del teatro anticoA Siracusa con il Prometeo va in scena il festival del teatro antico

Nella messinscena del 1994 al teatro greco di Siracusa, Antonio Calenda aveva fatto del Prometeo di Eschilo una figura beckettiana, con tanto di bombetta e occhialetti neri, che usciva inizialmente da una botola e infine vi sprofondava come la Winnie di "Giorni felici". Introducendo poi riferimenti nazisti, ne faceva un dramma politico. Anche Ronconi, nel 2002, con altra mano ne indagava le valenze politiche legate indissolubilmente al destino degli uomini. Nessun timbro fortemente connotato nel "Prometeo" diretto da Claudio Longhi che ha aperto l'annuale Ciclo di rappresentazioni classiche dell'INDA, il ciclo del teatro antico di Siracusa.

Una lettura, la sua, senza forzate attualizzazioni tese a sottolineare presunte contemporaneità, o psicologismi, ma a favore del dettato originale, fatto ascoltare limpidamente in ogni sillaba per giungere allo spettatore, alla comunità. Longhi si serve di un alto carrello metallico spostato a vista dove in alto è incatenato Prometeo, per evidenziare, quale punizione inflittagli da Zeus - per aver rubato il fuoco degli dèi e donato agli uomini insegnando loro l'arte e la scienza - quella di essere esposto continuamente alla vista degli altri.

Lo sguardo, quindi, come esercizio oltre che di potere e di conoscenza della realtà, anche di condanna. L'indovinata struttura mobile, in contrasto con l'immobilità del titano e con la staticità della tragedia dove non accade quasi nulla, ha l'effetto di creare, in alternanza, primi piani e campi lunghi che indagano lo spazio e muovono anche la visione dello spettatore (ed il teatro cos'è se non il luogo per eccellenza dello sguardo, dell'esposizione di corpi?). Il dolore del titano umiliato, condannato al tormento eterno per il troppo amore nei confronti degli esseri umani, viene così avvicinato a noi, trasmesso nel suo crescere come ostensione di un corpo inchiodato (con rimando cristologico).

All'inizio il titano viene messo ai ceppi da due aguzzini, Kratos ed Efesto, dopodiché si lancia in lunghi contraddittori autobiografici e profetici; viene commiserato dal coro delle Oceanine; e riceve alcuni stranieri sia benevoli che ostili, tra cui Oceano e Io, amante scartata da Zeus che, per la gelosia di Era, è stata tramutata in una giovenca pazza. A lei Prometeo preannuncia lunghe e dolorose vagabondaggi, ma anche, in ultimo, la fondazione di una stirpe dalla quale nascerà quell'Eracle predestinato a spodestare il padre.

Un corso ciclico ripreso dalla doppia circonferenza della scena (il cerchio, mondo del mito e degli dei): una scalinata lignea collegata ad un lungo pontile di ferro, che si apre al centro e ruoterà nel finale svelando la fitta intelaiatura di tubi che inghiottirà il protagonista sottraendolo alla nostra vista scagliato nell'abisso per la collera di Zeus. A dare corpo credibile al campione assoluto della filantropia, in una grande prova anche fisica di fissità, è Massimo Popolizio, voce possente modulata con toni vibranti e accelerazioni verso il baratro dell'interrogazione finale, che restituisce la sofferenza del ribelle perdente ma irriducibile, l'indignazione rovente e la dignità del profeta disarmato che conclude con una orgogliosa rivendicazione: «Tutte le arti dei mortali vengono da Prometeo».

Gli sono attorno Gaia Aprea, Mauro Avogadro, Michele Dell'Utri, Massimo Nicolini, Gaetano Bruno, Daniela Giovanetti, Jacopo Venturiero, e, ad irrobustire il Coro di ninfe dai costumi color carne, novità assoluta di questa edizione la presenza della Martha Graham Dance Company. Le danzatrici della celebre compagnia fondata dalla "madre" della modern-dance, il cui verbo coreografico ha da sempre indagato il mito greco, sviluppano dei movimenti ora fluidi, ora netti, sul ritmo delle percussioni dal vivo che modulano e accompagnano con efficacia la narrazione e lo stato d'animo dei protagonisti.

"Prometeo", di Eschilo, traduzione Guido Padano, regia Claudio Longhi, scene Rem Koolhaas Oma*Amo, costumi Gianluca Sbicca, musiche Andrea Piermartire. A sere alterne con "Le baccanti" al teatro greco di Siracusa fino al 30 giugno.
www.inda.org

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