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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2012 alle ore 08:15.

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Matteo Motterlini
e Martin Monti
Immaginate di voler sapere se una campagna pubblicitaria funzionerà. Per farlo, potete utilizzare l'affermata tecnica del focus group. Un gruppo di persone è invitato a discutere e a confrontarsi su un dato spot e a formulare i propri giudizi. Quindi selezionerete lo spot ritenuto più efficace. Ovviamente potete anche chiedere un parere ai guru del settore e lasciarvi guidare dalla loro peculiare sensibilità nel catturare ciò che la gente davvero vuole.
Immaginate però un'altra possibilità, resa realizzabile dalle moderne tecnologie di neuroimmagine. Interrogare cioè non i soggetti che osservano la pubblicità, ma direttamente i loro cervelli; e vedere se ciò che essi svelano è diverso dal giudizio deliberato espresso dai loro "proprietari".
A questo punto potrete mettere in scena un concorso del tutto peculiare, in cui competono le predizioni del focus group, quelle degli esperti, e quelle dei cervelli "in vivo". Chi dei tre è il più bravo a indovinare la campagna pubblicitaria di successo? La risposta l'ha trovata un nostro collega della porta accanto qui a Ucla, e raramente design sperimentale è stato più elegante. Matthew Lieberman e colleghi hanno preso trentun accaniti fumatori con il desiderio di smettere. Li hanno sottoposti a tre diverse serie di spot televisivi del National Cancer Institute con il preciso scopo di lanciare un "numero verde" (1-800-QUIT-NOW) dedicato a chi cercasse aiuto per liberarsi dal vizio. Hanno quindi condotto un focus group e chiesto ai soggetti di classificare in modo esplicito ciascuno degli spot in termini di efficacia, dal migliore al peggiore. Parallelamente hanno anche ottenuto la stessa classificazione da un gruppo di pubblicitari esperti, che si sono rivelati essenzialmente in linea con il giudizio espresso dai soggetti sperimentali. Infine hanno utilizzato la risonanza magnetica per registrare le attivazioni cerebrali degli aspiranti ex-fumatori mentre guardavano gli spot.
Stando ai dati ufficiali, tutte e tre le campagne hanno aumentato il volume di chiamate al numero verde rispetto al mese precedente al lancio, ma non allo stesso modo. Lo serie di spot che chiameremo A ha aumentato le chiamate di 2,8 volte, la serie B di 11,5 e la serie C di ben 32 volte. E chi aveva correttamente predetto che lo spot C sarebbe stato il migliore? I cervelli! In particolare, la loro sezione inferiore della corteccia mediale prefrontale: un'area più o meno in mezzo ai due emisferi, le cui funzioni sono ancora poco chiare, ma che ricerche indipendenti indicano essere coinvolta nei processi automatici con cui diamo valore e quindi ordiniamo oggetti e azioni.
Nella maggior parte dei soggetti, il livello di attivazione di questa regione cerebrale durante la visione degli spot pubblicitari era maggiore quanto più la serie di spot è risultata efficace nel mondo reale. In altre parole, la "risposta" del cervello ha ordinato gli spot secondo il loro effettivo successo di pubblico (C migliore di B migliore di A). Quando interrogati sulla presunta efficacia degli spot, tuttavia, sia i "proprietari" di quegli stessi cervelli sia il gruppo di esperti, hanno concordato sul fatto che la serie di spot C sarebbe stata la meno efficace di tutte. Come dire: cervello batte focus group ed esperti 3 a 0! Ovvero, come conclude lo studio: «l'attività della corteccia mediale prefrontale predice significativamente il successo effettivo delle campagne pubblicitarie a livello della popolazione, mentre le intuizioni dei soggetti (e degli esperti) non lo fanno».
A quanto pare il nostro cervello sa delle cose di noi stessi che noi stessi non conosciamo. Le nostre reazioni (inconsapevoli) possono evidentemente divergere dalle nostre opinioni (consapevoli) e si dà il caso che le prime possano essere predittivamente più accurate delle seconde. Forse prima di buttare via i soldi per il prossimo focus group o altre celebrate tecniche di marketing, varrebbe la pena accendere lo scanner di risonanza magnetica e chiedere al cervello cosa ne pensa. Meno marketing e più neuroscienze, il cervello sembra dirci cosa lo persuade meglio di quanto ci dicano gli esperti di pubblicità. Facciamone buon uso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Falk, E.B., Berkman, E.T., Mann,
T. Harrison, B. & Lieberman, M. D., Predicting persuasion-induced behavior change from the brain, Journal of Neuroscience, 30, 8421-8424, 2010
Falk, E. B., Berkman, E. T., Lieberman, M. D., From Neural Responses to Population Behavior: Neural Focus Group Predicts Population-Level
Media Effects, Psychological Science,
17 April, 2012

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