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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2012 alle ore 08:14.
Finalmente ce l'ha fatta! Jules Verne, uno dei romanzieri francesi più letti al mondo, entra nella Bibliothèque de la Pléiade. È un po' come fare ingresso al Panthéon di Parigi, dove riposano soltanto i massimi. Era nato a Nantes, sull'oceano, nel 1828, e a undici anni aveva tentato di scappare di casa su un bastimento diretto alle Indie. Riuscì finalmente a evadere quando si dedicò, a partire da Cinque settimane in pallone nel 1863, ai romanzi d'avventura: che l'editore Hetzel pubblicò con enorme successo per quarant'anni, fornendoli di bellissime illustrazioni. Le tappe di questi viaggi sono, per sommi capi (e capolavori), I figli del Capitano Grant (1866-68); Ventimila leghe sotto i mari (1869-70); L'isola misteriosa (1874) e, molto più tardi (1897), La sfinge dei ghiacci: i quattro dell'edizione Pléiade. Ma i primi tre sono preceduti da opere di non poco conto quali Viaggio al centro della Terra, Dalla Terra alla Luna, Le avventure del Capitano Hatteras, e seguiti da Il Giro del mondo in ottanta giorni, Michel Strogoff, Una città galleggiante, I ribelli del Bounty. Scrittore "geografico" se mai ve ne fu uno, secondo la fruttuosa distinzione introdotta da Michel Tournier, Verne possiede un'inesauribile vena fantastica, nutrita da un'informazione scientifico-tecnica di prima grandezza (leggeva l'astronomo divulgatore Camille Flammarion e frequentava il geografo, e viaggiatore, Jacques Arago): inventava aerostati, navi rompighiaccio, sommergibili, astronavi; vedeva il futuro nel presente; trovava l'esotico negli elementi primigeni dell'acqua, dell'aria, del fuoco, della terra, e nel carattere degli amati inglesi e degli ammirati americani. Non un metro del pianeta gli era ignoto, non una stella, non una nebulosa sconosciute. Era geologo, fisico, paleontologo, astronomo, biologo; lettore, attraverso Baudelaire, di Poe: e soprattutto ingegnere. Partecipava direttamente al gran mondo delle lettere francesi del tempo: influenzato da Hugo e Dumas padre, leggeva e ammirava Maupassant, e frequentava Dumas figlio.
Era dilettante in tutto, come lo permetteva la scienza dell'epoca, e professionista della scrittura. Sapeva organizzare una trama intorno a un tema (l'esplorazione del Polo, il viaggio sottomarino, la vendetta) e portarla a compimento senza esitazioni, con suspense senza pari e perizia organizzativa di prima classe. Era capace, anche, di disegnare personaggi che diverranno icone: Phileas Fogg, il Capitano Nemo, Michel Strogoff. E inventare un intero universo intertestuale, un mondo nel quale i miti suoi e altrui si incontrano e s'intrecciano. Dirk Peters, per esempio, ritrova il Gordon Pym di Poe in La sfinge dei ghiacci. Una caratteristica domina tutti i romanzi di Verne: la Corsa. Nello spazio, contro il Tempo. L'esempio massimo è naturalmente Il giro del mondo in ottanta giorni. Ma nella forma di una Corsa contro la Natura essa regna anche ne L'isola misteriosa, forse il suo romanzo perfetto. Qui, i cinque nordisti americani che nella fuga in pallone precipitano su un'isola sconosciuta nel bel mezzo del Pacifico sono una versione multipla di Robinson Crusoe. Essi ricostruiscono sulla loro isola la civiltà occidentale attraversandone tutte le fasi, dalla conquista del fuoco a quella dell'elettricità. Ricominciano da capo nel lungo cammino dell'uomo. E avrebbero completo successo se non fosse per la terribile eruzione vulcanica che distrugge la loro opera e l'isola stessa, costringendoli a fuggire di nuovo. L'isola misteriosa, che celebra senza riserve l'attività dell'Homo Faber e le sue conquiste scientifiche e idealizza la colonizzazione come necessità di sopravvivenza, individua però i limiti del Positivismo e del progresso. La catastrofe costituisce il limite invalicabile, tragico, che la natura pone alle magnifiche sorti e progressive dell'umanità.
Tuttavia, c'è nel romanzo anche una trama da detective story. Sin dal loro arrivo sull'isola, infatti, i naufraghi si rendono conto di una "provvidenza" che li aiuta nei momenti critici, e Cyrus Smith, l'ingegnere, si trasforma in investigatore. Sotto la sua guida, i cinque ricercano costantemente il loro benefattore, ma falliscono miseramente: trasformando così L'isola misteriosa in quello che Roland Barthes chiamava il «thrilling dell'intelligibilità». Che si risolve non per via di deduzione, ma per mezzo di una teofania degna di un dramma di Euripide. I cinque coloni devono per forza concludere la loro vana inchiesta con la sentenza: «Non c'è nessuno». Quando finalmente il potente essere umano che li ha protetti decide di rivelarsi, ecco presentarsi una sorta di Vecchio del Mare: che è però il Capitano Nemo, cioè appunto il Nessuno di Ventimila leghe sotto i mari. Stupefacente, e intertestuale, epifania! Possiede la potenza delle rivelazioni che concludono il Conte di Montecristo di Dumas: e l'intensità delle agnizioni nella sezione finale dell'Odissea.
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Jules Verne, Voyages extraordinaires, cofanetto con due volumi, Gallimard, Parigi, pagg. 2.634, € 95,00