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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2012 alle ore 08:14.

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L'educazione come primo baluardo contro la mafia e l'illegalità. Ruota intorno a questo concetto il messaggio pedagogico di «Convitto Falcone – La mia partita», cortometraggio di Pasquale Scimeca realizzato in occasione della commemorazione del ventennale della strage di Capaci e che avrà oggi (23 maggio) un primo spettatore d'eccezione: Giorgio Napolitano.

La pellicola, infatti, sarà proiettata nell'aula bunker del Tribunale di Palermo in una riduzione appositamente realizzata per il presidente della Repubblica. Un film che unisce memoria e attualità, ma che non ha come protagonista Giovanni Falcone. In questa storia il nome del magistrato assurge definitivamente a mito, a simbolo della legalità, non a caso associato a quello di una scuola, il Convitto, luogo nel quale praticamente si svolge l'intera trama del film.

Tratto da un racconto del giornalista Giuseppe Cadili, con la sceneggiatura di Scimeca e di Francesco La Licata (giornalista e amico di Falcone) racconta la storia di Antonio, un ragazzo povero, che grazie a una borsa di studio, va a studiare al Convitto. Sentendosi solo e abbandonato dalla famiglia, Antonio assume un atteggiamento svogliato e scostante. Nel corso dell'anno scolastico viene organizzato un torneo di calcio tra i ragazzi che e Antonio decide di truccare la partita decisiva. Ma in preda ai dubbi, ai rimorsi e agli ammonimenti del suo educatore («Ricordatevi che siete i ragazzi della scuola di Giovanni Falcone»), viene assalito da una crisi di coscienza e capisce che non può commettere un'azione illegale proprio nel Convitto dedicato al giudice assassinato dalla mafia.

Un "corto" dalla trama semplice, ma dal forte contenuto educativo: «Mi sono inspirato molto ai film pedagogici dell'ultimo Roberto Rossellini – spiega il regista di "Placido Rizzotto" - ma agganciando la trama all'attualità. Così Antonio, il protagonista, è intenzionato a truccare una partita di calcio, ma grazie all'insegnamento morale dell'educatore si troverà a fare una scelta di onestà». Se da un lato, vi è un protagonista reale, in carne e ossa, dall'altro il Convitto Falcone: «Edificio maestoso, ma anche vivo, perché pullula delle voci degli alunni», dice Scimeca.

Struttura che diventa luogo del mito per il fatto di essere intitolata a Giovanni Falcone: «Un nome - spiega Scimeca – che può essere raccontato in tre modi. Il primo è quello della "storia": Falcone è un personaggio storico, che hanno segnato il corso degli eventi, e per questo è oggetto di studio e di racconto degli storici. Il secondo è quello della "cronaca": un compito ancora nelle mani dei giornalisti e dei magistrati perché sono rimasti ancora irrisolti alcuni misteri legati alla strage. Il terzo modo per raccontare Falcone è quello del mito, della leggenda: una modalità che diventa compito dell'arte e, nel mio caso, del cinema.

Compito del cinema (e dell'arte), infatti, è quello di costruire una mitologia che vada oltre la cronaca e oltre la storia perché questo nome - "Giovanni Falcone" - sia eterno simbolo del bene. Far rivivere la sua leggenda attraverso l'arte significa far rivivere la sua presenza e significa insegnare qualcosa, perché nel nome di questa leggenda si possano fare scelte di legalità».

Alla realizzazione del film (produzione Arbash, coproduzione Rai Cinema, con l'intervento di Film Commission Sicilia) hanno partecipato, oltre ai piccoli debuttanti Pietro D'Agostino e Riccardo Perniciaro, numerosi artisti siciliani come Donatella Finocchiaro, Marcello Mazzarella, Enrico Lo Verso, David Coco, Guja Jelo, Vincenzo Albanese, Salvatore Sclafani, Filippo Luna. La colonna sonora, invece, è stata curata da Franco Battiato. Tutti gli incassi del film verranno dedicati alla realizzazione di un progetto, gestito dai missionari Giuseppiniani che operano in Ecuador, per la realizzazione di un Centro dedicato a Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e agli uomini della scorta, che dovrà accogliere i ragazzi di strada.

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