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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2012 alle ore 18:08.

Ha sapore amaro la voglia di trasgressione, di liberazione dai crismi della società e dal rassicurante sogno americano degli anni Quaranta in "Sulla strada" di Walter Salles. Il regista brasiliano è riuscito nell'impresa ardua di trasporre l'omonimo romanzo di Jack Kerouac sullo schermo, convincendo la stampa, che lo ha applaudito questa mattina alla 65esima edizione del festival del cinema di Cannes.
Un adattamento che ha comportato anni di lavorazione per l'autore di "Central do Brasil", che, prima di mettere mano al film vero, ha ripercorso le migliaia di chilometri descritte nel libro dall'autore culto della Beat Generation. Come aveva già fatto per Che Guevara nei monumentali "Diari della motocicletta", Salles cerca di essere quanto più fedele possibile al protagonista del romanzo, l'alter ego di Kerouac, Sal Paradise (Sam Riley), aspirante scrittore.
Le scene iniziali sono un frullare di piedi che battono sulla strada, piedi che si muovono e saltano da un autobus all'altro sull'impulso dell'inquietudine di Sal, deciso ad abbeverarsi della vita, oltrepassando i limiti imposti dall'educazione e dalla "American way of life". La spinta al viaggio avviene con la morte del padre del protagonista, cui si sovrappone la perdita del fratello maggiore. Da quel dolore prende l'abbrivio la liberazione dei sensi, attraverso la compagnia fraterna di Dean Moriarty (Garrett Hedlung), mentore di spregiudicatezza, di sua moglie Marylou (Kristen Steward), di Carlo Marx (Tom Sturridge). Dean e Carlo altro non sono che la trasposizione letteraria di Neal Cassady e del poeta beat Allen Ginsberg.
Sal riempie quaderni in cui riversa le sensazioni forti, provocate dalle serate a base di benzedrina, marijuana e alcol, al ritmo di jazz indiavolato, di sesso senza limiti - in gruppo, omosessuale, voyeristico - nell'intento di andare sempre più oltre e spegnere così il vuoto e l'irrequietudine. Nel piacere, come nella fatica estrema di guadagnarsi la vita, raccogliendo cotone o trasportando sacchi pesanti.
Ma pur nell'euforia, nella gioia pazza dell'adrenalina, si coglie sempre un disperato richiamo della "normalità" che metta ordine in una vita sbandata, che appaga ma poi ferisce. Lo dirà con sorpresa e gratitudine proprio all'inizio del film Marylou a Sal: "Sei gentile con me" e lo ripeterà verso la fine quando abbandonata per l'ennesima volta da Dean, nonostante abbia ceduto a tutti i suoi capricci erotici e trasgressivi pur di stargli accanto, deciderà di sposare un vecchio fidanzato, un marinaio.
Il massimo punto di compassione forse si raggiunge nella telecamera che riprende Old Bull Lee (Viggo Mortensen), alias William S. Burroghs, il più anziano dei poeti beat, che dorme con un bambino piccolo in braccio, dopo essersi iniettato una dose di eroina o nello sguardo disperato della seconda sposa di Dean, Camille (bravissima Kirsten Dunst), che caccia gli abiti del marito con la furia di una donna che sa di non poter bastare al marito nonostante i figli.
Tutto questo ha un prezzo ma anche un premio: quei quadreni diventeranno un romanzo memorabile. Il film di Salles è doloroso, bello, ben recitato, ma forse troppo classico per essere in competizione a un festival che vorrebbe regalare sempre novità e rottura.
Il trailer
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