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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2012 alle ore 17:48.

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Nella foto una guida della cooperativa La Paranza di Napoli durante una visita alle Catacombe di San GennaroNella foto una guida della cooperativa La Paranza di Napoli durante una visita alle Catacombe di San Gennaro

All'uscita chiedo a don Antonio: Come è stato possibile fare tutto ciò. Qual è la tua ricetta?

«Diventando parroco della Sanità una decina d'anni fa sono partito da tre presupposti. Primo: il quartiere dispone di un patrimonio artistico e storico di incredibile bellezza e importanza. Secondo: il quartiere può contare su un patrimonio umano di giovani altrettanto eccezionale. Terzo: bisognava agire da soli, senza cadere nella solita logica dell'assistenzialismo». Bene, e poi?
«Ho cominciato con il recupero delle Catacombe di San Gaudioso che si trovano sotto la chiesa della Sanità. Coi ragazzi della comunità parrocchiale abbiamo cominciato a svuotarle e a pulirle. Visto l'incredibile impegno profuso dai ragazzi per recuperare questo loro patrimonio, un gruppo di professionisti (architetti, storici, designer, eccetera) si è messo a disposizione per aiutare i giovani a rendere agibili le catacombe creando un percorso unitario con la soprastante basilica». Detto per inciso, la Basilica della Sanità è uno spettacolare edificio barocco in perfette condizioni di conservazione, stracolmo di tele del miglior Seicento e Settecento napoletano: Luca Giordano, Andrea Vaccaro, Pacecco De Rosa e Gaspare Traversi.

«In questa fase – prosegue don Loffredo – abbiamo anche restaurato il convento annesso alla Basilica creando un accogliente Bed & Brekfast». Quando me lo mostra resto di nuovo a bocca aperta per la qualità del design degli ambienti. Tutto è stato fatto dai ragazzi.
Chiedo: le catacombe San Gennaro come vi sono pervenute?
«Le catacombe sono di proprietà del Vaticano e nel 2009 – grazie ai cardinali Sepe e Ravasi – mi sono state assegnate in gestione. Subito dopo mi sono fatto affidare la cura pastorale della annessa Basilica di San Gennaro extra Moenia di proprietà dell'Asl Na 1. A questo punto, le bellezze da gestire erano a nostra completa disposizione. Adesso si trattava di fare il passo successivo».
Coinvolgere i ragazzi del Rione?
«Appunto. Una decina di ragazzi della Sanità hanno dato vita alla Cooperativa La Paranza con il compito di aprire, allestire e gestire le catacombe, dalle pulizie alle visite guidate. Sono stati trovati dei fondi, e qualche ragazzo è stato spedito in Inghilterra per imparare bene l'inglese: Enzo, la tua guida, a Londra di giorno faceva il gelataio e di sera frequentava la scuola».

E potete già soppesare i risultati di tanto impegno?
«Come no – interviene Enzo con una punta d'orgoglio – da quando gestiamo le catacombe, i visitatori si sono quadruplicati. E a metà maggio abbiamo già raggiunto gli incassi quasi dell'intero scorso anno».
«Assieme alla Paranza – continua don Antonio – sono state attivate altre due cooperative di giovani del quartiere: gli Iron Angels, un gruppo di sei fabbri che si occupa di lavori strutturali ma anche di produrre oggetti artistici, e l'Officina dei Talenti con sei ragazzi (alcuni ex detenuti) diventati espertissimi di impianti di illuminazione. Queste realtà ora camminano con le loro gambe e ricevono commesse esterne: come vedi la bellezza ha creato lavoro».
Sì, ma per lo start up su chi avete potuto contare?
«Principalmente sull'associazione L'Altra Napoli e sulla Fondazione con il Sud, che ci hanno dato i mezzi per cominciare. Ma quest'anno contiamo di arrivare a essere autonomi».
Insomma, qui è accaduto l'autentico miracolo di San Gennaro. In un quartiere difficile come il Rione Sanità, la bellezza ha generato lavoro e riscatto tra i giovani. Un modello, quello di don Loffredo, che il presidente Giorgio Napolitano, l'imprenditore Luca Cordero di Montezemolo e l'economista Marco Vitale stanno seguendo con grande attenzione.
Don Antonio, e il luogo del cuore?
«Ah già. Vieni». Percorro con il sacerdote un tratto di via Santa Maria Antesaecula, tra imponenti palazzi barocchi un po' smandrappati. A un certo punto ci fermiamo.
«Ecco il mio luogo del cuore, la casa natale di Antonio De Curtis, in arte Totò. Per la gente del quartiere è importantissima, ma nessuna autorità l'ha mai voluta valorizzare. Per questa casa voterò e farò votare».
Antonio vota Antonio.

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