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Questo articolo è stato pubblicato il 27 maggio 2012 alle ore 19:51.

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Matteo GarroneMatteo Garrone

A parte la Palma d'oro, giustamente attribuita ad "Amore" di Michael Haneke, ci sono state alcune sorprese nel palmares che conclude la 65esima edizione del festival di Cannes, premiando tutti registi che erano già saliti sul podio della rassegna francese. Le contestazioni si sono verificate soprattutto per il Gran Premio della Giuria attribuito al nostro Matteo Garrone con "Reality" - che sembrava fuori dal medagliere per aver diviso la critica con la sua nuova opera - e per il doppio premio assegnato al "Oltre le colline" di Cristian Mungiu.

Giustissimo il riconoscimento al regista austriaco, che torna a vincere a Cannes dopo "Il nastro bianco" del 2009, per il racconto scarno e scabroso del declino verso la fine di una coppia senile. Fondamentale il contributo delle magistrali interpretazioni - come ha voluto ben sottolineare il presidente della giuria Nanni Moretti - di Jean-Louis Trintignant ed Emmanuelle Riva.

Ci sono stati alcuni fischi in sala quando è stato annunciato il gran premio speciale della giuria al nostro Matteo Garrone, che sulla Croisette aveva conquistato lo stesso riconoscimento per "Gomorra" alla 61esima edizione del festival. Il film di Garrone racconta la storia di un pescivendolo che scivola nella pazzia per l'ossessione di entrare a fare parte nel Grande Fratello, con un'ottima performance di Aniello Arena, che non ha potuto presenziare, perché sconta una pena in carcere.
Sorpresa per il doppio premio a "Oltre le colline" del romeno Cristian Mungiu, che torna nella sua terra per raccontare in un fatto vero di cronaca: la storia di una ragazza uccisa da una comunità religiosa dopo ripetuti esorcismi, per aver tentato di convincere l'amica di infanzia ritiratasi nella comunità, a scappare con lei. In questa edizione sono state premiate le due interpreti: Cosmina Stratan, nel ruolo di Voichita e Cristina Flutur, nei panni di Alina. Alla pellicola è stato attribuito anche il premio per la miglior sceneggiatura.

Non è stata invece una sorpresa il premio per la migliore interpretazione maschile a Mads Mikkelsen, convincente protagonista di "La caccia" di Thomas Vinterberg, che racconta con tagliente freddezza una storia di abuso sessuale da parte di un maestro d'asilo ai danni di una bambina di cinque anni, figlia di amici. La violenza non c'è mai stata, la denuncia è frutto una vendetta della piccola per l'affetto, a suo avviso, mal ricambiato dal maestro, ma la condanna della comunità è unanime.

Nessuno infine si aspettava il premio per la regia al messicano Carlos Reygadas, che ha presentato in rassegna "Post tenebras lux", applaudito, ma soprattutto fischiato dalla stampa. La pellicola racconta un'onirica storia intrecciata, in cui il nodo centrale sembra avvitarsi attorno a una ricca coppia di giovani genitori messicani con due gemelli, afflitta da un problema legato al sesso. Ma attorno alla trama giocano ladri, tagliaboschi e povera gente onesta, con ellissi temporali continue, bambini che appena camminano, diventano adolescenti per poi tornare bambini. Se il film doveva rientrare nel medagliere, questo sicuramente è il suo posto per gli scenari naturali indimenticabili e le scene fantastiche: come quella della piccola gemella, ripresa con la steadycam, che vaga tra le mucche i cavalli e i cani selvaggi sotto un temporale incombente. O dei giunchi che si piegano al peso di una barca che passa nello stagno dalla prospettiva poetica di chi sta sdraiato nell'imbarcazione.

Infine meritatissimo, anche se poteva ottenere molto di più, "The Angel's share" di Ken Loach, che ha portato a Cannes una commedia dai toni sempre brillanti. E' la storia di un ragazzo scozzese, con un passato burrascoso di violenza e carcere, che si riscatta per amore del figlio neonato grazie a un'anomala via di redenzione: il whiskey. Una specie di Robin Hood che ruba ai ricchi per dare a se stesso e a un manipolo di balordi, inciampati come lui nei bassifondi della vita.

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