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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2012 alle ore 12:50.

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Torna dal vivo Bruce Springsteen, la più «italiana» tra le rock star. E gli Usa gli chiedono un nuovo inno. Un immagine di Bruce Springsteendel a Udine nel 2006Torna dal vivo Bruce Springsteen, la più «italiana» tra le rock star. E gli Usa gli chiedono un nuovo inno. Un immagine di Bruce Springsteendel a Udine nel 2006

Abbiamo capito che «Wrecking Ball» - disco arrabbiato, discontinuo ma in fondo onesto - non è esattamente un capolavoro. Abbiamo capito pure che Bruce Springsteen ha bello che compiuto 63 anni e la vena compositiva non è proprio la stessa di «Born to run». Alle leggende viventi però l'Italia rende omaggio a prescindere, soprattutto se con il nostro Paese hanno un rapporto speciale.

Non c'è allora da stupirsi di fronte al boom di prevendite delle date di giovedì prossimo allo Stadio San Siro di Milano, di domenica all'«Artemio Franchi» di Firenze e di lunedì al «Nereo Rocco» di Trieste. Anzi: l'età avanzata della rockstar del New Jersey e il fatto che questo tour potrebbe essere l'ultimo con la leggendaria E-Street Band (già privata dalla Grande Mietitrice del monumentale sassofonista Clarence Clemmons e dello storico tastierista Danny Federici) rappresentano un valore aggiunto per le tre nuove apparizioni del boss sullo Stivale. Che dovrebbero gettare in pasto al pubblico un set di ben 28 brani, né più né meno di ciò che si aspetta un fan.

Lo spettacolo. Stando alla formula del «Wrecking Ball Tour», la prima parte dello show dovrebbe incrociare nuove hit e classici. Partenza a razzo con «We take care of our own» seguita dalla title-track, poi spazio alla immortale «Badlands» a «My city of ruins», triste meditazione sui fatti del 9/11, e persino alla «Because the night» composta con Patti Smith ai tempi delle session di «Darkness on the edge of town». Seconda parte aperta da «Waiting on a sunny day», sempre dall'album «The Rising», poi una sfilza di superclassici: dalla ballad «The River» alla epica «Thunder Road», dalle imprescindibili «Born in the Usa» e «Born to run» alla scanzonata «Hungry Heart». Sulle note di «10th Avenue freeze-out» sembrerà tutto finito, ma state attenti: se la band è in vena, potrebbe coinvolgervi a cantare i cori della «Twist and Shout» cara ai Beatles degli esordi.

Facciamogli scrivere un inno. Il Boss tocca l'Italia mentre negli States si toglie per l'ennesima volta belle soddisfazioni. Sentite qua: più di un americano su cinque, praticamente il 22% del totale, vorrebbe che fosse lui a comporre un nuovo inno nazionale che sostituisse «The Star-Spangled Banner». Lo rivela un sondaggio realizzato per conto della trasmissione «60 Minutes» della CBS e per Vanity Fair. Seguono, con una quota di oltre il 19% degli intervistati, la giunonica leggenda del country Dolly Parton, Stevie Wonder (18%) e Bob Dylan che, in barba alla medaglia appuntatagli al petto da Obama in persona, non va oltre l'11 per cento.

Il Boss ama l'Italia. Negli States lo amano ma, se il Boss ha una seconda patria, questa è senza dubbio l'Italia. Chi cerca altre conferme a riguardo, le troverà in «All the way home. Bruce Springsteen in the Italian land», libro di Daniele Benvenuti in uscita per Luglio Editore (euro 25, pp. 270) che illustra con dovizia di dettagli tutte e 40 le date che l'artista ha tenuto da noi dagli anni Ottanta a oggi. Le foto sono addirittura 250 (ne trovate un estratto nella foto gallery di questo articolo), l'aneddotica sfiora il maniacale senza pregiudicare mai la leggibilità. Ci sono la ricostruzione delle origini italiche del Boss (sua madre, Adele Zirilli, era figlia di immigrati di Vico Equense), la mappatura dell'intera galassia di fanzine e fan-club dedicati al Nostro e il novero degli artisti italiani che al rocker, più o meno direttamente, si sono ispirati.

Una faccia da cinema. E non è neanche l'unico tributo bibliografico che esce in concomitanza con il tour italiano. La Arcana, casa editrice specializzata in rock e controcultura, lancia il volume fotografico «Days of hope and dreams» (euro 25, pp. 200) sul giovane Boss e ripropone «Spare parts. Testi commentati 1973-2012» (euro 19,50, pp. 440), quest'ultimo un vero e proprio must nella bibliografia springsteeniana. Testo interessante anche «Il cinema secondo Springsteen» (euro 12, pp. 240) che Diego Del Pozzo e Vincenzo Esposito hanno curato per Mephite edizioni: vi si indaga il rapporto di mutua reciprocità tra il rocker del New Jersey e l'immaginario cinematografico a stelle e strisce. Perché il vecchio Bruce ha lavorato per il cinema (vi dice niente «Streets of Philadelphia»?), deve molto al cinema (il suo Tom Joad è lo stesso del «Furore» di John Ford) e ha influenzato molto cinema (vedi, tra le altre cose, «The Wrestler» con Mickey Rourke). Inoltre resta una meravigliosa faccia da cinema. Come un po' tutti gli americani con sangue italiano nelle vene.

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