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Questo articolo è stato pubblicato il 10 giugno 2012 alle ore 08:16.

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Nel dipinto di Caravaggio, La cattura di Cristo (1602), Gesù barcolla sospinto dall'irruenza del bacio di Giuda. Con un bacio l'apostolo consegna (dal latino tradere: consegnare) il Maestro alle guardie. Un'azione che avrà conseguenze enormi nella storia, come è allegoricamente mostrato dallo "spostamento" fisico di Cristo nel quadro. Il tradimento implica sì la menzogna e il raggiro, ma è un atto che va oltre e che diviene definitivo. Anche Simon Pietro rinnega Cristo per ben tre volte, ma la sua azione resta puramente verbale e non avrà conseguenze se non, a seguito di pentimento sincero, quella della redenzione. Tradire è cosa di tutti, ma farlo "ad arte" è di pochi, ed è impresa assai ardua, che richiede immaginazione, abilità e coraggio. Siamo proprio sicuri che il tradimento sia da considerarsi un valore solo negativo? Ed è mai possibile farne un buon uso? Un'appassionata ed elegante apologia del tradimento inteso come categoria del pensiero è composta da Giulio Giorello nel saggio Il tradimento. In politica, in amore e non solo; un'occasione per "ragionare servendosi di esempi", al di là di luoghi comuni e ipocrisie culturali, su una serie di importanti questioni etiche, politiche, teologiche ed estetiche. Ritornando al discepolo traditore per antonomasia, raramente ci si preoccupa delle ragioni del suo gesto. E se Giuda avesse sentito l'esigenza "politica" di restare fedele al Sinedrio e al Governo romano, consegnando il "sovversivo" Gesù? Inoltre, fino a che punto l'Iscariota va ritenuto colpevole, dal momento che il suo destino di traditore era predeterminato dalla divina Provvidenza? Il tradimento implica libertà di scelta, tanto più forte quanto più tenace è il legame al maestro tradito: ma il gesto di Giuda, è stato libero? Giorello passa in rassegna una serie di casi divenuti "mitici" nella storia e nella letteratura: da Bruto e Cassio a Jago, da Macbeth a Don Giovanni, da Spinoza a Trotski, dal pirata William Fly a Tex Willer. Quello di Bruto e Cassio, pugnalatori di Cesare, è un caso politico emblematico. Dante li fa marcire nel profondo inferno, ritenendoli i traditori di quell'ottimo Cesare che Dio ha voluto regnasse sul mondo riunito sotto l'egida romana affinché si diffondesse la notizia del Verbo. Ma Machiavelli e Leopardi, che seguono la tradizione anticesariana del poema Farsalia di Lucano, vedono in Bruto e Cassio dei liberatori, mentre in Cesare il vero traditore, colui che ha usurpato il potere del popolo decretando la fine della gloriosa repubblica romana. Il tradimento è quindi concetto assai ambiguo, che può essere interpretato secondo punti di vista sempre diversi. L'ambiguità – osserva Giorello, portando a esempio figure come il Coniglio/Papera – non appartiene solo alla percezione visiva, ma anche alla visione morale. L'autore si confronta con Machiavelli, al quale un'immeritata cattiva fama è derivata dalla sua visione assai liberale della necessità di tradire in circostanze politiche critiche: la conclusione è che del tradimento non si può fare a meno, perché esso è, insieme alla fortuna, il vero motore della storia. Inoltre, esso può diventare uno strumento critico indispensabile nella comprensione della "vita mentale" (Hanna Arendt) degli intellettuali nelle varie epoche: è indubitabile, infatti, che per affermare le proprie idee sia necessario "tradire" i maestri. Si pensi al "traditore" Spinoza, scomunicato dalla comunità ebraica per avere liberamente espresso opinioni filosofiche anticonformiste. E al coraggioso Galileo, che rompe con una tradizione (tradere è anche: tramandare) astronomica secolare. O, ancora, a quel l'Ideologia del Traditore di Achille Bonito Oliva – un classico della critica d'arte (1976), oggi finalmente di nuovo in libreria – testo esemplare che nel tradimento vede l'unica possibilità, per gli artisti manieristi e, per analogia, anche per quelli della transavanguardia novecentesca, di sopravvivere alla crisi epocale del loro mondo, non scegliendo la strada del conformismo stilistico, bensì quella "traditrice" della sovversione e di un inarrestabile nomadismo formale. Una lezione più che mai necessaria, soprattutto se la si rivolge all'arte di oggi, spesso piegata alle crude e livellanti esigenze del dio marketing. Di libri del genere si ha bisogno in un momento in cui i "cattivi tradimenti" inscenati dalla politica non hanno nulla di coraggioso, mentre il conformismo – anche intellettuale, non solo politico – pare rendere gli individui sempre più inclini a uno stato di "servitù volontaria" che non a uno di libera scelta. La buona politica, si fa a partire da un buon libro.
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Giulio Giorello, Il tradimento. In politica, in amore e non solo, Longanesi, Milano, pagg. 266, € 14,90
Achille Bonito Oliva, L'ideologia del Traditore. Arte, Maniera e Manierismo, postfazione di Andrea Cortellessa, Electa, Milano, pagg. 256, 39 illustrazioni, € 35,00

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