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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2012 alle ore 14:32.

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Il dottor Gunz, la cameriera Reina, l'agente immobiliare Andrade. Sfilano le comparse, ma gli altri, i protagonisti, come si chiamano? Non è dato sapere e a fatica si rintracciano rari profili di sembianze. Sono donne e uomini senza nome che si muovono in luoghi senza nome, entro paesaggi vuoti, come i fatti narrati "che prendono la forma del sentimento che li riempie".

Le splendide maschere del teatro narrativo costruito da Juan Carlos Onetti vengono riproposte dalle edizioni Sur che con Gli addii hanno iniziato la pubblicazione di tutte le opere dell'autore uruguayano.

Eccoli i personaggi di Onetti: ci par di vederli percorrere la trama entro scene sfuocate, volutamente mai definite. Eppure l'ambiente, il luogo che s'intuisce fare da sfondo, è di quelli che lasciano esplodere la natura. Tra il verde delle alture si trova un sanatorio, appresso un albergo e della case da affittare ai villeggianti, ma tali elementi risultano solo espedienti, fondali appena abbozzati, tanto che "la montagna che inizia a confondersi con il colore del cielo" la incontriamo una sola volta, nelle prime pagine e all'imbrunire. Non a caso il solo colore citato è il viola, sfumato, di quando si fa sera.

Altra è la "natura" che Onetti ci invita ad esplorare. Essa è nell'avventura dell'uomo,nel titanico sforzo di costruire legami sempre irrealizzati perché il fato ci porta puntualmente altrove. Non è pessimismo perché in Onetti è assente l'elemento didascalico, costruttivo o distruttivo che sia.

E' il caso degli addii. L'io narrante è il gestore di una posta che vede entrare nel suo locale una moltitudine di ospiti del vicino sanatorio: "intuisco l'importanza che ha per loro quello che hanno lasciato – ci avverte- l'importanza che ha quello che sono venuti a cercare e confronto una cosa con l'altra". Così quell'uomo alto, avvolto nell'impermeabile che sorseggia la birra in attesa dell'autobus e che volge lo sguardo verso la strada "desiderando di non stare con noi" ha scritto il suo destino nelle mani affilate "lente, intimidite e goffe, con movimenti senza fiducia". Egli non crede nell'importanza di curarsi. La magìa di Onetti è proprio nella capacità di svelare un percorso e ugualmente attrarre l'attenzione del lettore verso quest'uomo.

Entro il vestito che usava nella capitale e che mai abbandona si cela un ex campione di basket, afflitto da una forma di tubercolosi che lascia ben poche speranze. Quanto basta per suscitare la curiosità non solo del gestore del bar, ma dell'infermiera e della cameriera per ciò che resta di un uomo "con quella faccia di legno duro e quegli occhi da pesce addormentato".

Ha perso tutto, genere di vita, salute, ma soprattutto il diritto all'orgoglio: "Aveva vissuto confidando nel suo corpo, era stato, in un certo senso, il suo corpo". Tutto ha perso, non i sentimenti di due donne che si svelano attraverso due tipi di lettere che riceve alla stazione di posta. La prima busta è scritta con una grafia blu, larga, tondeggiante "con le maiuscole simili a un segno musicale e le zeta accoppiate come due numeri tre"; l'altra è una busta elegante di color legno, battuta "con una macchina per scrivere vecchia, dai caratteri sudici e non bene allineati".

Passioni amorose o che altro? Che relazione c'è tra la donna matura che si cela dietro un paio d'occhiali e la ragazza appena affacciatasi al mondo che lo vanno a trovare lassù, ai confini del mondo? Non lo sappiamo perché Onetti non ci permette di aprire le buste e leggere le lettere. Lo farà una sola volta, sul finire del racconto, perché il testimone possa lasciare intuire l'epilogo.

Qui basti dire che le due donne si presentano in tempi e modi diversi, travolgendo i muri di separazione che l'uomo aveva eretto attorno a sé. Egli s'abbandona perché la sua ossessione è "contemplare in che modo la vita lo avvolge e si compie come un rito con cui lui non ha più nulla a che fare". A noi non resta che seguire, affascinati, i passi e tendere le orecchie per ascoltare ciò che ci racconta l'uomo del bar o captare segnali tra i pettegolezzi che l'infermiere dispensa a piene mani. Dettagli "per la comprensione di un legame che finisce per sfuggirci sempre e che perciò diventa più attraente". Onetti è ineguagliabile maestro di suggestioni a tal punto che ci lasciano indifferenti i suoi fini, sedotti come siamo dai mezzi, dalle parole e dalla tecnica narrativa.

Completano il romanzo breve due straordinari contributi: la prefazione di Antonio Munoz Molina e il saggio di Mario Benedetti. Due guide che ci accompagnano con intelligenza e amore tra i meandri dell'opera di Juan Carlos Onetti.

Juan Carlos Onetti
Gli addii
Pagg.131, euro 14
Edizioni SUR

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