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Questo articolo è stato pubblicato il 26 giugno 2012 alle ore 22:07.

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Quando lo osserviamo seduto in poltrona, con il sigaro in mano, intento a guardare una vecchia fotografia dove è ritratto mentre gioca a scacchi con una donna nuda, sembra quasi di sentire nell'aria quelle parole che diceva a proposito delle sue opere: «la scelta di questi ready-made non è stata mai dettata da un piacere estetico: si è basata su una reazione di indifferenza visiva, con un'assenza totale di buono o cattivo gusto».

Lui è il celebre Marcel Duchamp, mentre lo sguardo che ha saputo cogliere il soffio dei suoi pensieri e il suo atteggiamento mentale è quello di Ugo Mulas (1928-1973), oggi ospite della Triennale di Milano con una monografica aperta fino al 26 agosto. Prodotta da Johan & Levi Editore, con il sostegno di Rottapharm Madaus, e curata dall'Archivio Ugo Mulas e Giuliano Sergio, "Esposizioni dalle Biennali a Vitalità del negativo" è un viaggio che permette di immergersi nell'effervescente scena artistica degli anni passati, scoprendo volti, dettagli, sfumature. Così ben prima di artisti come Thomas Struth – il fotografo tedesco ha dedicato molti lavori al pubblico dei grandi musei e al rapporto fra creazione d'arte e spettatore – Ugo Mulas ha ritratto la folla che si muoveva leggera nei musei del dopoguerra o gli spettatori mondani che si aggiravano nel Guggenheim come irrinunciabili habitué.

Ritmata da un criterio che è tematico e cronologico insieme, la mostra comprende 120 fotografie - alcune inedite - che ci conducono ora al Museo Pergamon di Berlino, ora a Spoleto, quando le sculture uscirono dalle gallerie per dialogare con lo spazio urbano, ora alla Biennale di Venezia, manifestazione che Mulas seguì come fotografo dal 1954 al 1972 (il primo anno lavorò insieme a Mario Dondero). Ecco, dunque, che sfilano sotto i nostri occhi Alberto Giacometti mentre allestisce la sua mostra, Max Ernst, e una schiera di artisti che nel 1968 decisero di protestare coprendo le proprie opere.

Non mancano poi le incursioni internazionali: nel 1964 Mulas fece il suo primo viaggio a New York e da lì tornò con immagini delle sale della Malborough Gallery, le abitazioni dei collezionisti americani Scull e Tremaine, le istallazioni di George Segal al Jewish Museum, la personale di Calder al Guggenheim. Seguono gli eventi "Campo Urbano" (1969) e il decennale del "Nouveau Réalisme" (1970), esperienze durante le quali Mulas seguì il tentativo delle neo avanguardie di coinvolgere gli spettatori in azioni estetiche, condivise ed effimere. Nel 1970 il fotografo, chiamato a Roma da Graziella Lonardi Buontempo a documentare la mostra "Vitalità del negativo", colse il pubblico nelle istallazioni di Pascali, Alviani, Marotta e Mauri, le sale vuote di Boetti, Paolini e Anselmo e le istallazioni dei molti artisti presenti alla rassegna. Un ingresso delle avanguardie nel museo che coincise con il progressivo allontanamento del fotografo dal processo di documentazione d'arte in vista di nuove tracce da seguire (le sue Verifiche).

Ugo Mulas. Esposizioni dalle Biennali a Vitalità del negativo
Fino al 26 agosto, Triennale di Milano
www.triennale.it

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