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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2012 alle ore 08:43.

Tra Repubblicani e Democratici si discute ancora se Barack Obama sia stato o meno quel personaggio politico rivoluzionario che prometteva di essere nel 2008. Ma una cosa su cui tutti concordano è che quella campagna elettorale è stata un punto di svolta nella raccolta fondi e nell'uso dei media e della tecnologia.
A guardarla adesso, però, la campagna Obama 2008 sembra l'era dell'innocenza. Le cose non sono cambiate a causa di un'innovazione particolare, ma a seguito di un cambiamento delle regole. Nel luglio del 2008 la Corte Suprema ha deliberato che il Primo emendamento della Costituzione impediva di imporre limiti alle donazioni politiche da parte di sindacati e aziende. Grazie a quella sentenza sono nate le organizzazioni chiamate "super-Pac". Si tratta di super Comitati di azione politica in grado di raccogliere finanziamenti illimitati da parte di grandi aziende e autorizzati a non rivelare i nomi dei donatori.
Di fronte a questa novità, la poderosa macchina elettorale obamiana del 2008 si trova nei guai e rischia di perdere il suo grande punto di forza: il controllo del messaggio politico. «Con l'avvento dei super-Pac per gli strateghi elettorali dei candidati è diventato molto più difficile controllare il messaggio politico, perché in televisione ci sono molte più voci», dice Howard Wolfson, responsabile delle comunicazioni e stratega capo della campagna presidenziale di Hillary Clinton nel 2008. «Gli elettori danno per scontato che lo staff elettorale di un candidato sia in grado di controllare quello che dicono i suoi alleati, anche quando in realtà non è così». In altre parole, i super-Pac traboccanti di denaro costituiscono un bel grattacapo sia per Obama sia per Romney. Il martellamento è già cominciato.
Il New York Times ha scoperto che Joe Ricketts, un imprenditore conservatore, stava pensando di stanziare 10 milioni di dollari per una campagna dalle venature razziali con cui enfatizzare i legami tra Obama e il suo ex consigliere spirituale, Jeremiah Wright. La notizia ha messo in secondo piano la campagna contro il deficit pubblico che era, invece, il messaggio su cui voleva puntare Romney. Poco dopo il comico Bill Maher, finanziatore con un milione di dollari di Priorities Usa (un super-Pac pro Obama), ha scritto su Twitter che il mormonismo equivale a un «culto», costringendo David Axelrod ad andare in televisione e dire che la religione non è argomento di contesa elettorale.
Il fatto che Maher abbia scelto Twitter per diffondere il suo messaggio, è già indicativo di suo. La cacofonia del web garantisce un pubblico ampio e immediato a questa nuova mole di negatività non autorizzata. Il punto è che gli elettori non se la prendono con il messaggero, ma con il candidato.
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